L’informazione by James Gleick

L’informazione by James Gleick

autore:James Gleick [Gleick James]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Feltrinelli


Considerata materiale da un ricercatore, spirituale da un altro e da altri come un misterioso composto di entrambi, la mente umana sfugge alla comprensione dei sensi e della ragione e giace, distesa deserta esposta a nord, su cui ogni speculatore di passaggio proietta le sue tare mentali.59

Gli “speculatori di passaggio” guardavano ancora soprattutto all’interno, e i limiti dell’introspezione erano evidenti. Alla ricerca di rigore, verificabilità e forse anche di matematizzazione, gli studiosi della mente deviarono in direzioni radicalmente diverse alla soglia del ventesimo secolo. Una era quella di Sigmund Freud. Negli Stati Uniti William James costruì una disciplina della psicologia quasi da solo (docente del primo corso universitario, autore del primo manuale di studio di ampia portata) e, giunto al termine, si arrese. I suoi Principi di psicologia, scrisse, erano “una massa disgustosa, dilatata, gonfia, idropica, che testimonia solo due fatti: primo, che non esiste una cosa che sia una scienza della psicologia, e, secondo, che WJ è un incapace”.60

In Russia, un nuovo filone fu inaugurato da un fisiologo, Ivan Petrovič Pavlov, famoso per il suo studio sulla digestione, che gli valse il premio Nobel, e che disprezzava la parola psicologia e tutta la terminologia che l’accompagna. James, quando era di umore migliore, considerava la psicologia la scienza della vita mentale, ma per Pavlov non esisteva la mente, solo il comportamento. Stati mentali, pensieri, emozioni, obiettivi e fini erano tutte cose intangibili, soggettive, fuori da ogni portata, contaminate da religione e superstizione. Quelli che James aveva identificato come temi centrali, il “flusso di pensiero”, “la coscienza di sé”, la percezione di tempo e spazio, l’immaginazione, il ragionamento e la volontà, non avevano spazio nel laboratorio di Pavlov. Tutto quello che uno scienziato poteva osservare era il comportamento e quello, almeno, poteva essere registrato e misurato. I comportamentisti, in particolare John B. Watson negli Stati Uniti e poi B.F. Skinner, il più famoso, crearono una scienza basata su stimolo e risposta: bocconi di cibo, campanelli, scosse elettriche; salivazione, pressione di leve, corse nei labirinti. Watson diceva che l’unica finalità della psicologia era prevedere quali risposte sarebbero seguite a un dato stimolo e quali stimoli potessero produrre un dato comportamento. Fra stimolo e risposta stava una scatola nera, che si sapeva composta da organi di senso, cammini neurali e funzioni motorie, ma fondamentalmente off limits. In effetti, i comportamentisti dicevano ancora una volta che l’anima è ineffabile. Per mezzo secolo il loro programma di ricerca fiorì perché produceva risultati sui riflessi condizionati e il controllo del comportamento.

I comportamentisti dicevano, come scriveva più tardi George Miller: “Tu parli di memoria; parli di anticipazione; parli dei tuoi sentimenti; parli di tutte queste cose mentalistiche. Tutte fandonie. Fammene vedere una, indicamene una”.61 Potevano insegnare ai piccioni a giocare a ping-pong e ai topi a percorrere un labirinto. Alla metà del secolo, però, prevaleva la frustrazione. La purezza dei comportamentisti era diventata un dogma; il rifiuto di prendere in considerazione stati mentali era una gabbia, e gli psicologi volevano ancora capire che cosa fosse la mente.

La teoria dell’informazione mostrava una strada.



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