Sud (Italian Edition) by Ernest Shackleton

Sud (Italian Edition) by Ernest Shackleton

autore:Ernest Shackleton
La lingua: ita
Format: azw3, epub, mobi
editore: Bibliotheka
pubblicato: 2019-10-24T00:00:00+00:00


Da un capo all’altro della Georgia del Sud

Al sorgere del sole la giornata aveva tutta l’aria di essere bella e, pur muovendoci a fatica tra la neve soffice, riuscimmo comunque a riscaldarci. Davanti a noi si trovavano le creste e gli speroni della catena montuosa trasversale che avevamo visto dalla baia. Ci stavamo muovendo su un terreno che si alzava leggermente e nel giro di un’ora ci ritrovammo spiacevolmente sempre più accaldati. Anni prima, nel corso di una precedente spedizione, avevo giurato di non brontolare più per il calore del sole e quella mia promessa venne mantenuta anche durante il viaggio in scialuppa. Me ne ricordai mentre il sole picchiava violento sul pendio innevato, di un bianco accecante. Dopo aver oltrepassato un’area di crepacci ci fermammo per il nostro primo pasto. Ci servimmo dell’ascia per scavare una buca nella neve, profonda poco meno di un metro, dove infilammo il fornello a petrolio. In quel momento non c’era vento, ma le raffiche potevano anche presentarsi all’improvviso. Di lì a poco mangiammo dell’hoosh caldo e poi continuammo ad arrancare verso una ripida cresta tra due delle cime della catena trasversale. Per le undici eravamo quasi in cima. Il pendio si era fatto scosceso e fu necessario gradinare mentre avanzavamo. A tale scopo, l’ascia si dimostrò uno strumento eccellente — un solo colpo bastava a creare un punto di appoggio. Tagliai gli ultimi gradini, preoccupato ma al tempo stesso pieno di speranza, e arrivai sul dorso affilato della cresta, mentre gli altri uomini tenevano ferma la corda e aspettavano di ricevere notizie da parte mia. La vista che mi si presentò davanti, però, fu deludente. Guardando verso il basso, infatti, vidi una parete che scendeva ripida per circa cinquecento metri, fino a raggiungere il caos di un ghiacciaio dalla forma irregolare. Non c’era modo di scendere. Il paesaggio verso est era formato da un grande altopiano innevato che raggiungeva un’altezza di oltre mille e duecento metri. Verso nord digradava considerevolmente, formando ghiacciai che arrivavano a toccare le baie, mentre verso sud veniva interrotto da enormi seraccate(30) collegate alla distesa di ghiaccio dell’entroterra. Il nostro sentiero si sarebbe spiegato tra i ghiacciai e le stesse seraccate, ma come prima cosa dovevamo scendere dalla cresta su cui ci trovavamo.

Servendoci dell’ascia per tagliare dei gradini nel terreno, ci spostammo di lato, costeggiando la base di un rilievo dolomitico(31) che ci bloccava la vista verso nord.

Ci trovammo di fronte lo stesso precipizio. Lontano, verso nord-est, sembrava esserci un pendio innevato che avrebbe potuto fornirci un sentiero verso il basso, perciò fummo costretti a tornare sui nostri passi lungo quello stesso pendio che avevamo scalato per tre ore. Nel giro di un’ora eravamo in fondo. Non essendo più abituati a camminare avvertivamo la fatica. Da gennaio, infatti, avevamo camminato poco e i nostri muscoli erano fuori forma. Costeggiando la base della montagna sopra di noi arrivammo a un gigantesco crepaccio, lungo circa due chilometri e mezzo e profondo trecento metri. Quell’enorme apertura, scavata nella neve e nel ghiaccio



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