Sugar Money by Unknown

Sugar Money by Unknown

autore:Unknown
La lingua: ita
Format: epub
editore: Neri Pozza
pubblicato: 2017-11-14T23:00:00+00:00


32.

Girando dietro la capanna, per poco non finii addosso a Saturnin, che era venuto a cercarmi e aveva l’aria piuttosto seccata.

«Che stai facendo?» brontolò. «Su, sbrigati».

Léontine ci aspettava fuori dall’orto e il guardiano ci condusse lungo il bordo del terreno coltivato, fino alla piantagione, dove le canne erano più alte di un uomo e quasi pronte per essere tagliate. Saturnin si sporse verso il campo confinante e sussurrò: «LaFortune? Koté ou yé?»

Da qualche parte giunse la risposta: «Isidan, chef».

La voce tenera di un bambino.

«Vedi qualcosa?» gli domandò il guardiano.

«Non, chef, toupatou trantjil».

«Bene. Rimani lì».

Pur scrutando attentamente fra le canne, non vidi traccia del piccolo LaFortune, e giurai a me stesso che mi sarei nascosto altrettanto bene.

Proseguimmo lungo il margine del campo, mantenendoci all’ombra dei filari, e poco dopo arrivammo in un punto da cui si vedeva tutto il villaggio. I bambini scorrazzavano nel cortile e scorsi Raymond che fumava la pipa accanto alla più piccola delle capanne.

Ci fermammo e Saturnin aggrottò la fronte, le orecchie tese. In lontananza si sentiva un bue che muggiva come se fosse in agonia e quel lamento mi spezzò il cuore, perché avevo nostalgia delle mie mucche, soprattutto di Victorine. M’inteneriva quando sfregava il muso nell’erba o sgambettava felice sul prato, scalciando come una puledra. Giuro che avrei dato un pollice, pur di poter essere di nuovo a Saint-Pierre ad accarezzare il suo manto vellutato.

Dovevo essermi perso nelle mie fantasticherie, perché a un certo punto Saturnin mi prese per la spalla, spingendomi fra le canne al margine del campo.

«Rimani qui» sussurrò, alitandomi in faccia. «Se vedi qualcuno che va verso le capanne, o un Béké ovunque, canta forte».

«Devo cantare?»

Saturnin mi guardò strizzando gli occhi.

«Non ti hanno insegnato a fare i segnali?»

Ne conosco più di te, babbeo, pensai. Ma ebbi il buon senso di rispondere con garbo.

«Wi».

«Bene. Lo vedi quello?» Il guardiano puntò lo scudiscio verso il vecchio accanto alla capanna più piccola. «È Raymond. Se vedi arrivare qualcuno, avvisalo. Lui lo sa che sei qui. Kompwan?»

«Ma certo».

Non ero stato insolente, e tuttavia Saturnin mi scrutò a lungo con aria severa, solo per farmi capire che non si fidava pienamente di me. Poi mi agitò il dito sotto il naso, mormorando: «Ho visto che sbirci di continuo la mia frusta. Sappi che può strappare via la pelle dalla carne e la carne dalle ossa riducendoti a uno scheletro. Kompwan?»

Avrei voluto dirgli che aveva il cervello di una mosca, ma mi limitai ad annuire.

Immobile al suo fianco, Léontine stava muta e a occhi bassi. Il guardiano mi rivolse un altro sguardo minaccioso intanto che si soffiava il naso con la mano, in modo silenzioso ma prolungato. Mi chiesi non senza una certa trepidazione cosa avrebbe fatto del prodotto, ma con mio grande sollievo si pulì le dita sulle brache. Poi si avviò con passo pesante lungo il bordo della piantagione. Morivo dalla voglia di prenderlo a cazzotti.

Léontine mi toccò il braccio.

«Non ti preoccupare» mi disse. «Più tardi qualcuno verrà a prenderti».

«Quando?» le domandai. «Quanto ci devo stare



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