Superbestia (1978) by Gerrold David

Superbestia (1978) by Gerrold David

autore:Gerrold, David [Gerrold, David]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fantascienza, Urania
editore: Mondadori
pubblicato: 1979-12-08T23:00:00+00:00


13

Quando gli dissero che era ora di muoversi, Loevil si strinse nelle spalle e cominciò a raccogliere la sua roba. Anche Nusa aiutò a smontare il campo, e intanto non si faceva scrupoli di esprimere a voce alta i suoi pensieri. — Che idea cretina! — esclamò. — Non basta che Eese, Dorik e Kalen siano morti…

Sentendo nominare Kalen, Ethab si voltò a guardarla con un'espressione indecifrabile. Nusa l'ignorò.

— …e che Tril sia ridotta in quello stato? — continuò. Non abbiamo cariche di riserva, abbiamo perso parecchie armi, mancano solo trentasei ore scarse al ritorno, e tu insisti a voler trovare quel bestione maledetto? — Si avvicinò a Ethab e gli disse a muso duro: — Credo che ci siamo sopravvalutati, Ethab. Non siamo all'altezza della situazione.

Senza guardarla, e con voce pacata, lui disse: — Non possiamo smettere adesso.

— Certo che possiamo. Raccogliamo la nostra roba e torniamo a casa.

Ethab non l'ascoltava. Guardando al di là delle sue spalle, disse: — È ancora là. Non possiamo darci per vinti. — Parlava come soprappensiero. — Prima del rientro abbiamo ancora tutta una notte. Lui sa dove siamo. Lo sa. — Si voltò in direzione delle colline come se parlasse a tu per tu con la belva. — Non possiamo smettere come non può smettere lui.

Nusa si dominava a stento, ma ritentò, con quel poco di pazienza che le era rimasta. — Ci mettiamo in spalla i fucili, Ethab, e torniamo al "Nexus", e lungo la strada ci godiamo il panorama. Ecco come possiamo smettere.

Ethab si voltò lentamente a guardarla. — Sbagli — disse, e si allontanò senza spiegare il perché. Il fatto che Nusa avesse idee sbagliate era una spiegazione sufficiente; lui glielo aveva fatto notare, e non c'era altro da dire. Se poi lei non si rendeva conto di sbagliare, di aver torto, tanto peggio. Lui lo sapeva, e questo bastava.

Nusa aprì la bocca per dir qualcosa, ma Ethab le aveva già voltato le spalle, e ci rinunciò. Si sentiva sconfitta, smarrita. Guardò Megan, poi Loevil in cerca di sostegno. Megan si studiava di restare impassibile, e Loevil si limitò a dire: — Non guardare me. Io qui mi limito a lavorare.

Megan stava osservando Ethab e improvvisamente capì cosa c'era che non andava nei suoi occhi. Non cercava di evitare gli sguardi degli altri; semplicemente, non li vedeva più. Guardava"aldilà" degli esseri umani, "attraverso" di loro. Il suo sguardo era concentrato sull'invisibile belva mortale. Lui guardava attraverso le rocce e le colline, al di là dei ruscelli e delle gole, oltre le valli lontane. Ovunque andasse il mostro, lui lo vedeva. Guardava nel cuore del buio preistorico e ci vedeva il Tiranno, ed era attirato verso di lui come verso la morte.

In quel momento, il momento della verità, Megan "capì". Ethab sfidava tutto ciò che odiava e temeva di più, perché solo così poteva dimostrare di essere superiore. E quella mattina Ethab aveva lanciato la sfida estrema. Aveva sfidato la morte. Doveva sconfiggere il Tiranno, abbatterlo, perché solo cosi sarebbe stato un vero uomo, un uomo "completo".



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