Tunnel by Roderick Gordon - Brian Williams

Tunnel by Roderick Gordon - Brian Williams

autore:Roderick Gordon - Brian Williams [Williams, Roderick Gordon - Brian]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2011-12-15T08:46:40+00:00


CAPITOLO VENTICINQUE

Dopo tutte le chiacchiere, il tè, i dolci e le rivelazioni, zio Tam si alzò con uno sbadiglio cavernoso e sgranchì la possente ossatura con scrocchi da far venire i brividi.

«Forza, mamma. È ora che ti riporti a casa» disse a nonna Macaulay.

I due si congedarono e uscirono. Senza il vocione entusiasta e le risate contagiose di zio Tam, la casa sembrò improvvisamente diversa.

«Ti mostro la nostra stanza» disse Cal al fratello.

Will si sentiva stordito. La sua mente brulicava di pensieri e sentimenti nuovi che continuavano a riaffiorare come un branco di pesci affamati.

Nell’atrio, la curiosità di Will lo costrinse a riprendersi. Si soffermò sui ritratti appesi lungo le pareti, esaminandoli a mano a mano che li oltrepassava.

«Credevo che la nonna vivesse qui» chiese al fratello in tono distaccato.

«Ha il permesso di venire a farmi visita.» Cal distolse subito lo sguardo, e Will intuì che c’era sotto qualcos’altro.

«Deve avere il permesso?»

«Oh, lei ha una casa per conto suo, dove sono nati la mamma e zio Tam» rispose lui evasivo, con un cenno del capo. «Su, muoviamoci!»

Cal era già a metà della scala, con lo zaino appeso al braccio, quando si accorse che Will non lo stava seguendo più. Sporgendosi dalla balaustra, lo vide che si attardava ancora vicino ai ritratti, incuriosito da qualcosa in fondo all’atrio.

«Dove si va da questa parte?» chiese infatti Will, indicando una porta nera con una maniglia d’ottone. La fatica e la preoccupazione della movi-mentata giornata erano state spazzate via in un attimo.

«È solo la cucina» replicò Cal, in tono impaziente.

«Posso dare un’occhiatina?» disse l’altro, già diretto verso la porta.

Cal sospirò.

«Va bene. Ma non c’è proprio nulla da vedere» ribatté rassegnato, e ridi-scese i gradini, lasciando lo zaino ai piedi della scala. «È soltanto una cucina!»

Will spinse la porta e si ritrovò in una stanza dal soffitto basso che sembrava uscita da un ospedale dell’epoca vittoriana. Non ne aveva solo l’aspetto, ma anche l’odore: un forte effluvio di acido fenico si mescolava a degli aromi indistinti di cibo cucinato. Le pareti erano di uno spento color fungo, mentre il pavimento e i piani da lavoro erano ricoperti di grandi maioliche bianche, screpolate da graffi e crepe. In alcuni punti le piastrelle erano segnate da avvallamenti prodotti da decenni di energico sfregare.

L’attenzione di Will fu attirata da un coperchio che borbottava dolcemente su una pentola posta su una stufa antiquata dalla struttura pesante e sformata, con la superficie incrostata dal grasso bruciato accumulatosi negli anni. Will sbirciò nella pentola più vicina, che emanava un vago aroma piccante, ma il suo contenuto era celato dagli sbuffi di vapore. Alla sua destra, oltre a un solido tagliere da macellaio e una mannaia appesa a un gancio, il ragazzo notò un’altra porta.

«Di là cosa c’è?»

«Senti, non preferiresti…?» la voce di Cal si spense, era inutile discutere.

Will stava già curiosando nella piccola stanza adiacente. Sembrava lo sga-buzzino di un alchimista: gli scaffali erano ingombri di vasi di vetro colmi di sostanze irriconoscibili messe sotto spirito e scolorite dal fluido oleoso in cui erano immerse.



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