Zuleika apre gli occhi by Guzel' Jachina

Zuleika apre gli occhi by Guzel' Jachina

autore:Guzel' Jachina [Jachina, Guzel']
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, General
ISBN: 9788893812498
Google: T-jFDgAAQBAJ
Amazon: B071DTJ67M
editore: Salani
pubblicato: 2017-05-03T22:00:00+00:00


Il primo inverno

Ignatov apre gli occhi dopo un’ora con un pensiero in testa: ‘Bisogna scavare un rifugio sotterraneo’. Gli altri dormono ancora tutti, dalle baracche arriva il loro russare e qualche lamento assonnato. Nel bosco gli uccelli impazienti si concedono qualche grido pregustando l’alba, le onde sciabordano pigre contro la riva.

Ignatov capisce che non riuscirà più a dormire e decide di scendere al fiume a lavarsi.

«Una settimana nelle capanne possono anche reggerla» cerca di convincersi, seduto sugli scogli più vicini alla riva, mentre si sfrega vigorosamente la faccia con l’acqua dell’Angara. «Quando arriva Kuznec ci penserà lui a fargli tirar su delle signore case a due piani. Io sarò già altrove!»

E se invece dovevano ‘reggerne’ due, di settimane? O anche più? La natura da quelle parti non lo guarda, il calendario, e l’inverno può cominciare anche in settembre.

Ignatov osserva lo specchio perfettamente liscio dell’Angara, l’impercettibile foschia mattutina che respira. A est il cielo risplende di un azzurro trasparente, in attesa del sole. Sarà una giornata calda, afosa. Il silenzio è tale che si sente persino il tintinnio delle gocce che gli cadono dal viso. Ignatov abbassa gli occhi. Dall’acqua lo fissa una faccia scura, ispida, con due profondi cerchi neri intorno agli occhi. Fra poco anche lui avrà la barba lunga come i deportati, si confonderà con loro. Ignatov batte il palmo sul suo riflesso, che si frange in mille pezzi e si apre in cerchi concentrici.

Raccatta il berretto che aveva posato sui sassi, se lo mette. Cominceranno a scavare oggi stesso. Non possono stare una settimana con le mani in mano.

Osserva l’accampamento con puntiglio, come se lo vedesse per la prima volta. Là dove hanno fatto sbarcare i deportati l’Angara si piega dolcemente e la costa si protende in un promontorio ampio e non troppo irto. La riva è di terra compatta, argillosa, mista a sassi grandi e piccoli. Inizia bassa, poi si alza velocemente per la collina su cui si sono accampati. È un buon posto, hanno scelto bene. Non troppo a ridosso dell’alveo (così il fresco del fiume non arriva alle capanne), ma comunque vicino all’Angara, dunque per rifornirsi d’acqua la strada da fare non è molta. L’unico fastidio è che la discesa al fiume è ripida, la terra smotta facilmente. Dovranno farci dei gradini di pietre, pensa Ignatov.

Il poggio è talmente ampio che ci starebbe un intero paese. Affaccia sul fiume e alle spalle è cinto da una foresta di abeti fitta come un muro. Di lì le piante aguzze si arrampicano su per un colle bello alto. In cima c’è la rupe da cui il giorno prima Ignatov ha studiato la zona; dalla riva non si vede, però. Anche sul poggio coperto di cespugli ed erba alta fino alla cintola c’è qualche sparuto abete frondoso e spilungone bloccato in una posa sghemba durante un tentativo di fuga verso il fiume. Sotto tre di quegli abeti hanno trovato riparo i grossi covoni verdi delle sghembe capanne. Due pendono già da un lato, sbieche, con il tetto



scaricare



Disconoscimento:
Questo sito non memorizza alcun file sul suo server. Abbiamo solo indice e link                                                  contenuto fornito da altri siti. Contatta i fornitori di contenuti per rimuovere eventuali contenuti di copyright e inviaci un'email. Cancelleremo immediatamente i collegamenti o il contenuto pertinenti.