La voce della pietra by Silvio Raffo

La voce della pietra by Silvio Raffo

autore:Silvio Raffo
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788869936876
editore: Elliot
pubblicato: 2018-09-14T00:00:00+00:00


Passai parte del pomeriggio con Pamela nella torretta. Per non disturbare Jakob, eravamo salite dalla scala della cucina, che immetteva nel vano sottostante lo studio e aveva solo l’ultima rampa in comune col passaggio dalla sua stanza.

Mi mostrò alcuni quadri, fra cui un ritratto della Colomba.

L’aveva dipinta in tinte molto sfumate, i lineamenti erano appena accennati e più che un volto umano pareva un’evanescenza di luce azzurra, astratta come una visione di sogno.

«È l’unico quadro dalle tinte morbide» osservai «l’unico in cui si avverte il lievito della leggerezza».

Gli altri dipinti erano infatti di tonalità più forti, di timbro quasi espressionista.

«Malvina non poteva essere ritratta che così» rispose Pamela, mentre armeggiava coi pennelli intorno ad alcuni particolari del suo paesaggio indiano. «Lei era la leggerezza».

«Trovo stupendi i capelli» continuai io, accennando alla nuvola di riccioli biondi che orlava come un’aerea corona l’ovale del volto rosa pallido.

«Non erano i suoi. Li aveva persi quasi completamente per via della malattia. Quella era una parrucca, anche se nessuno l’avrebbe mai capito».

Pensai per un attimo, curiosamente, a come doveva essere triste e insolito quel volto così bello privo dei capelli. Una madre-ragazzo, aveva dunque avuto Jakob. E subito, senza una precisa ragione, mi venne fatto di chiedermi dove si trovasse ora la parrucca. Una domanda cui certo non era conveniente dare corpo.

«Il suo viso si presta molto a essere ritratto» mi colse di sorpresa la mia interlocutrice, osservandomi acutamente. «Un giorno, se lei è disposta, potremmo pensarci».

«Non amo molto il mio viso» risposi, abbassando gli occhi.

«Certo, non sarebbe il ritratto della leggerezza».

«E di che cosa potrebbe esserlo?».

Pamela rifletté nel suo modo, che ormai avevo imparato a conoscere, guardando fissamente nel vuoto.

«Della determinazione, direi. O della fedeltà. La fedeltà di una roccia».

La risposta non mi dispiacque, ma non ritenni opportuno commentarla. Anche perché lei me lo impedì, aggiungendo qualcosa di assolutamente inaspettato. «Eppure, in un certo strano modo, lei assomiglia a Malvina. La struttura del corpo è altrettanto minuta, lo sguardo ha la stessa malinconia, le movenze sono altrettanto silenziose. Ecco, quello che veramente vi accomuna è forse il silenzio».

Sentendomi all’improvviso a disagio, dirottai la conversazione su Jakob: parlammo del suo comportamento negli ultimi due giorni, di quelli che la zia interpretava come progressi, indizi sicuri di un miglioramento. Aveva notato che passava molto meno tempo rattrappito contro la parete, che i suoi modi con me erano singolarmente gentili: soprattutto apprezzava il fatto che rispondesse, sia pure con cenni del capo, alle mie sporadiche sollecitazioni.

Mi annunciò di punto in bianco che verso sera sarebbe venuto il dottore: il medico di famiglia, un anziano neurologo che seguiva Jakob con visite di controllo settimanali.

Sarebbe stato molto utile, soggiunse, che ci scambiassimo le nostre opinioni.

Fiutai subito il pericolo.

Cerano buone probabilità che si trattasse di uno dei medici della commissione che mi aveva destituita dal mio incarico all’Istituto.

Avrei potuto chiedere a Pamela il cognome, ma preferii non farlo, e continuai tranquilla il lavoro all’uncinetto che m’ero portata per restare attiva mentre la mia compagna dipingeva.

I miei sospetti non erano infondati.

Riconobbi



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