Andare per i luoghi del cinema by Oscar Iarussi

Andare per i luoghi del cinema by Oscar Iarussi

autore:Oscar, Iarussi [Iarussi, Oscar]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Storia, Ritrovare l'Italia
ISBN: 9788815332660
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2017-09-14T22:00:00+00:00


Ai treni deve molto Sergio Rubini, attore e regista di Grumo Appula, figlio di un capostazione, Alberto, che, una volta in pensione, è diventato un attore, tra l’altro interpretando il poeta pugliese Vittorio Bodini in Poppitu di Roberto De Feo e Vito Palumbo (2011). Ma Alberto Rubini è anche un apprezzato artista figurativo, come del resto Irene Petrafesa, madre dell’attore Riccardo Scamarcio, originario di Andria. Sergio Rubini esordisce nella regia con La stazione (1990), girato nello scalo ferroviario garganico di San Marco in Lamis, ai piedi della montagna di Padre Pio, non ancora santo e lungi dall’essere «scoperto» dalle fiction televisive. Il protagonista Domenico Arcieri (Rubini), in divisa blu da capostazione, deve difendersi dalla pioggia, non meno molesta del prepotente di turno, un tale Danilo (Ennio Fantastichini), che cercherà a tutti i costi di riprendersi la «sua» ragazza, Flavia. Lei è interpretata da Margherita Buy, all’epoca moglie di Sergio ed ex compagna nei banchi dell’Accademia d’arte drammatica a Roma, dove ebbero Andrea Camilleri tra gli insegnanti. L’inerme ferroviere, per passione e per orgoglio, resisterà a un violento assedio notturno e vincerà. La stazione è prodotto dal barese Domenico Procacci che, formatosi a Roma nella scuola Gaumont di Renzo Rossellini, ha fondato con altri ex allievi la cooperativa Vertigo, con la quale realizza due piccoli film che suonano la sveglia al sonnacchioso cinema italiano di allora: Il grande Blek di Giuseppe Piccioni (1987) e Nulla ci può fermare di Antonello Grimaldi (1988). La neonata Fandango Film di Procacci si rivela grazie alla Stazione ed è destinata ai grandi successi dei film di Muccino, Ligabue, Garrone, Ozpetek, Moretti. In ordine di tempo, Procacci e il giovane Carlo D’Ursi attivo a Madrid sono gli ultimi capitani coraggiosi baresi che si applicano all’industria del cinema, da Arrigo Atti a Domenico Forges Davanzati, fino a Ugo Santalucia. Allievo universitario di Aldo Moro ed erede della famiglia che costruì l’omonimo teatro liberty sul lungomare, Santalucia negli anni Sessanta e Settanta consegue notevoli successi commerciali come distributore e produttore della coppia d’oro Franchi-Ingrassia e di altre pellicole di cassetta. Inoltre contribuisce alla spericolata lavorazione di Z – L’orgia del potere di Constantin Costa-Gavras (1969), un’inchiesta sull’omicidio del leader pacifista greco Gregoris Lambrakis, che vince la Palma d’oro a Cannes e l’Oscar come miglior film straniero nel 1970 (Bari in quegli anni è piena di studenti greci in fuga dal golpe dei colonnelli). Ma nel 1973 Santalucia va in rovina finanziando Ludwig di Luchino Visconti (che si ammala durante le riprese), peraltro senza mai rammaricarsene in pubblico.

Rubini è già un attore apprezzato e ha lavorato con Giuseppe Ferrara nel Caso Moro (1986), nel ruolo di uno dei figli dello statista assassinato dalle Brigate rosse, ma cambia marcia grazie all’intuito di Fellini. Il maestro nel 1983 lo convoca a un provino per E la nave va, non lo ingaggia, però nel congedarlo si complimenta: «Lei, Rubini, assomiglia alle sue foto… Bravo!». Infatti, quattro anni dopo Federico sceglie di farsi interpretare da Sergio, allampanato e un po’ lunare, suo perfetto alter ego in Intervista (1987).



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