Auschwitz Blocco 10 by Magda Hellinger & Maya Lee

Auschwitz Blocco 10 by Magda Hellinger & Maya Lee

autore:Magda Hellinger & Maya Lee [Hellinger, Magda & Lee, Maya]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Newton
pubblicato: 2022-01-14T23:00:00+00:00


L’indomani, quando ci apprestavamo a distribuire la cena, sentii delle grida che provenivano da uno degli edifici. Mentre le addette trasportavano il pesante pentolone di minestra, una donna aveva sollevato il coperchio e si era riempita la ciotola, così la pentola era caduta e la minestra calda era schizzata sulle mani delle ragazze, che piangevano per il dolore. Detestavo dover arrivare alle mani, ma diedi uno schiaffo alla donna e le dissi: «Hai scottato quelle ragazze quando hai rovesciato la minestra. Inoltre, per colpa tua, qualcuno non riceverà la sua porzione».

«L’ho fatto per le mie due figlie», rispose lei implorante.

Mi dispiaceva per lei, ma le dissi: «Anche le altre hanno delle figlie».

Un problema ricorrente era costituito da alcuni uomini – prigionieri che lavoravano con il loro Kommando all’interno del Campo C – che avevano preso l’abitudine di intrufolarsi nelle baracche e attirare le ragazze nei bagni con la promessa di una sigaretta per poi avere rapporti sessuali con loro. Non sopportavo l’idea che si approfittassero in quel modo delle prigioniere, per di più con il rischio di una gravidanza, così chiesi alle mie aiutanti di essere molto severe al riguardo. Mi accostai a uno degli uomini e gli dissi che, se avessi scoperto i colpevoli, avrei immediatamente informato il loro kapò tedesco. Le mie minacce servirono a scoraggiare qualcuno, ma non tutti. Un giorno le assistenti che si occupavano di pulire i bagni sorpresero una ragazza in compagnia di un uomo. La portarono nel mio ufficio. Prendemmo un foglio di carta su cui scrivemmo: “Mi sono venduta per un paio di sigarette”, e le chiedemmo di inginocchiarsi con il cartello in mano. Dalle prigioniere che passavano di lì, giungevano commenti come «Le sta bene», «Vergognati», «Grazie a lei, tutti penseranno che siamo delle poco di buono» e «Questo non è un bordello». Dubito che sia servito a eliminare del tutto il problema, ma di sicuro lo ridusse.

Dopo qualche settimana mi accorsi che alcune delle Blockältesten non stavano facendo il proprio dovere. Nelle baracche di cui erano responsabili erano scoppiate delle risse e loro, chiuse nelle proprie stanze, non intervenivano.

Convocai le persone interessate e gridai: «Vi ricordate quello che vi ho detto? Siete qui per il bene di questa gente. Non possiamo fare niente contro le SS. Siamo troppo deboli. Però possiamo fare del nostro meglio per mantenere l’ordine e assicurarci che il poco cibo che ci danno sia distribuito a tutte. Le baracche sono nel caos. Ho detto che vi avrei punito e ho intenzione di farlo».

Davanti al campo c’era uno stagno, una sorta di piccola vasca che fungeva da riserva d’acqua d’emergenza, nel caso fosse scoppiato un incendio.

«Voglio vedervi saltare come rane!», esclamai. «Voglio che facciate il giro dello stagno saltando. Spero che vi aiuti a ricordare ciò che vi ho detto».

Sulle prime non mi credettero. Eravamo arrivate insieme con i primi trasporti e vivevamo ad Auschwitz-Birkenau da due anni. Eravamo amiche.

«Dici sul serio, Magda?», chiese una di loro.

«E voi sul serio avete ignorato il balagan che è scoppiato



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