Il patto del giudice (Garzanti Narratori) (Italian Edition) by Mimmo Gangemi

Il patto del giudice (Garzanti Narratori) (Italian Edition) by Mimmo Gangemi

autore:Mimmo Gangemi [Gangemi, Mimmo]
La lingua: ita
Format: azw3
editore: Garzanti
pubblicato: 2013-01-23T16:00:00+00:00


11.

Un casino amaro in quei giorni. Non per le indagini sulla morte di Vittorio Spanti. Lì tutto era trasparente. Sebbene si fosse subito visto ch’era difficile incastrare qualcuno, avevano operato con una meticolosità... Lenzi provò a confortarsi con l’idea che, se non si trovavano prove, non c’era chi arrestare; se non c’era chi arrestare, i colpevoli restavano liberi e nemici; se i colpevoli restavano liberi e nemici, si dovevano prevedere nuovi eventi – e i nuovi eventi di solito erano ammazzatine che avrebbero tolto di mezzo un po’ di gentaglia, tutto risparmio di lavoro per la Giustizia, il pregio di non ingombrare carceri già affollate e la consolazione che si sarebbero presentati lordi di sangue, e prima del tempo, al cospetto di un giudice più severo, definitivo, che comminava ergastoli lunghi l’eternità.

Non si piacque, anche perché per un attimo aveva pensato di invogliare gli eventi in tale direzione con un voto alla Madonna del Carmelo nella cappella laterale della Matrice – era la più adatta per grazie simili, Melino, un coetaneo paesano, la garantiva miracolosa, e disponibile già dopo un paio di Ave Maria, disgrazia lui aveva augurato a Santino e disgrazia era subito stata: s’era rotto entrambe le gambe nel saltare da un muro.

Si vergognò di quel pensiero.

Riguardo i tre africani, gli dispiaceva. Poveracci sfruttati all’osso, uccisi per la sfortuna d’essersi imbattuti in bianchi arrabbiati, ossessionati dall’istinto folle di riscattare il paese oltraggiato. Non era detto che a uccidere fossero stati ’ndran­ghetisti, tanta gente qualunque nella reazione. Camminavano a branco, sventurato chi ci incappava. Era capitato a quei tre, sorpresi nel villino. Avevano fatto sparire i corpi. L’unica stranezza, che non fossero emersi sussurri. Di solito, quando un delitto lo commettono in tanti, a qualcuno una mezza parola scappa – per rimorso, per vanteria, anche per carriera: un aspirante ’ndranghetista che vi vede un titolo di merito da esibire per il concorso di ammissione alla società. Poi la mezza parola rimbalza altrove, diventa intera, raddoppia, triplica, finché giunge alle orecchie sbagliate. Da lì, gonfiata a dismisura dopo i tanti passaggi di bocca, deflagra in mille direzioni, diventando voce di popolo. Invece, non un soffio, non un bisbiglio, non una candela accesa in chiesa per l’anima dei tre – Santa, una vecchia megera con troppi clienti, la assicurava nera più della pece, però appena meno meritevole di un’anima bianca. Peccato, erano gli assassini che ad Alberto sarebbe piaciuto inchiodare – più di quelli di Spanti – meritavano di pagare con il carcere a vita. Se cittadini «normali», il castigo sarebbe stato un buon esempio per quanti non delinquevano ma barcollavano passi da ubriachi sulla linea di confine, con i piedi ora di qua, ora di là, e con la lingua che adattavano agli interlocutori. Punirne alcuni avrebbe corretto molti.

Dubitava che sarebbero emersi elementi. Se qualche parola era uscita, l’omertà se l’era risucchiata. Il ritrovamento dei corpi poteva aiutare le indagini, per le tecniche capaci di scovare le tracce più impensabili. Risolvere il caso era necessario e urgente – giorni che



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