Dalle parti degli infedeli by Leonardo Sciascia;

Dalle parti degli infedeli by Leonardo Sciascia;

autore:Leonardo Sciascia; [Sciascia, Leonardo]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788845975684
editore: edigita


L’onore e l’avvenire: la nomina ad arcivescovo titolare (in partibus infidelium, si capisce: sarebbe stato pazzesco, da parte della Santa Sede, affidare a monsignor Ficarra, e da arcivescovo, un più numeroso gregge, se da vescovo non aveva saputo condurre quello di Patti all’ovile della Democrazia Cristiana) e le 45.000 lire mensili. Monsignor Peruzzo era un «vero» vescovo; la sua lettera a monsignor Ficarra molto «saggia» e davvero da «amico». (Lo ricordo, monsignor Peruzzo, nelle visite pastorali a Racalmuto, e specialmente in quella in cui mi diede cresima. Ieratico in chiesa e in processione, si scioglieva in compagnoneria e spirito quando privatamente intratteneva o si intratteneva. Una volta venne al circolo: e sapendo qual covo di mangiapreti fosse, lasciò cadere due o tre ridevoli aneddoti sui preti. Quei fieri anticlericali ne furono edificati: finalmente un prete «diverso»).

Non c’è, tra le carte di monsignor Ficarra, copia di una risposta a monsignor Peruzzo. È certo, comunque, che non ne seguì i consigli; e specialmente riguardo al trattamento economico. Una sola volta, nel carteggio relativo alla dimissione, monsignor Ficarra accenna alla condizione in cui si troverebbe lasciando il vescovato di Patti: e dicendo semplicemente di non avere una casa. Anni prima, ad una richiesta della Sacra Congregazione del Concilio (di completare, con lire 1520, il contributo dovuto dalla diocesi al sanatorio del clero), aveva minuziosamente prospettato la condizione economica del vescovato e la propria: drammatica nel dover far fronte alle richieste dei poveri (non solo della diocesi, ma della chiesa di Canicattì di cui era stato parroco nel 1919), dei seminaristi bisognosi, della «povera mamma» (cento lire ogni tre mesi), della Congregazione del Concilio; felice in quanto da Dio assegnatagli e guidata.

Non seguì, dunque, i consigli di monsignor Peruzzo; ma non poteva illudersi che monsignor Peruzzo si sbagliasse sull’andar dritto al traguardo, sulla tenacia e l’ostinazione del cardinal Piazza. Si ebbe, per cominciare, l’Ausiliare che Ruffini gli aveva suggerito di domandare e che lui non aveva domandato: e se lo ebbe, per di più, come se ne avesse fatto istanza e con generosità glielo avessero concesso. Un vescovo ausiliare munito «delle più ampie facoltà»: e dunque ad esautorarlo. Si calcolava, forse, che la nomina dell’ausiliare avrebbe suscitato in monsignor Ficarra sufficiente indignazione e ribellione: sufficiente a che prendesse forma di obbedienza, apparenza; a che si dimettesse, insomma. Poiché invece vi si era rassegnato, ecco la collera del cardinale. E la si sente trascorrere, la collera, sotto il linguaggio di antica ipocrisia, di antica menzogna: come acqua ribollente sotto uno strato di ghiaccio.



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