Destini peggiori della morte by Kurt Vonnegut

Destini peggiori della morte by Kurt Vonnegut

autore:Kurt Vonnegut [Vonnegut, Kurt]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bompiani
pubblicato: 2023-08-24T00:00:00+00:00


1 Giuramento di fedeltà alla Costituzione e alla bandiera statunitensi.

13.

Quando studiavo antropologia alla University of Chicago, molto tempo fa, il mio professore più famoso era il dottor Robert Redfield. L’idea che tutte le società si sono evolute attraverso stadi simili e prevedibili sulla strada di una civilizzazione più alta (vittoriana), per esempio dal politeismo al monoteismo, o dal tam-tam all’orchestra polifonica, era già stata allora messa in ridicolo e dimenticata. Si concordava, generalmente, sul fatto che non esiste una simile scala nel senso di un’evoluzione culturale. Ma quello che il dottor Redfield in realtà diceva era: “Aspettate solo un minuto.” Diceva che avrebbe potuto, convincendo qualsiasi persona dalla mente onesta, descrivere uno (e solo uno) stadio per il quale ogni società era passata o sarebbe passata. Aveva chiamato questo inevitabile stadio, come pure il suo saggio: “The Folk Society”.

Prima di tutto, una folk society era isolata e viveva in un’area che considerava organicamente sua. Era sorta da quella terra e non da un’altra. Allora la distanza tra i vivi e i morti non comportava rotture e i legami di parentela si incrociavano continuamente e in ogni direzione. Esisteva un tale accordo generale su cosa sia la vita e sul modo in cui la gente deve comportarsi in ogni situazione concepibile che c’era ben poco su cui discutere.

Ogni anno, il dottor Redfield faceva una lettura pubblica sulla folk society in primavera. Era apprezzata da molti, perché diversi di noi la prendevano come un consiglio scientifico su come trovare una soddisfazione profonda e duratura: unirsi a una folk society o crearne una. (Ciò accadeva negli anni quaranta, ricordo, molto prima delle comuni e dei figli dei fiori e della musica e degli ideali condivisi dalla generazione dei miei figli.) Il dottor Redfield, però, stigmatizzava ogni sentimentalismo sulla vita nelle folk societies, dicendo che erano un inferno per chiunque avesse un’immaginazione vivace, o una curiosità insaziabile, o il bisogno di sperimentare e di inventare – o, magari, un irreprimibile senso del ridicolo. Ma io mi trovo ancora a fantasticare su una piccola banda isolata di persone con menti simili, in un clima temperato, nella radura di un bosco vicino a un lago (un luogo ideale, tra parentesi, per una fanciulla che sogni a occhi aperti di poter catturare un unicorno). Mio figlio Mark sarebbe stato d’aiuto nel trovare e finanziare una comune simile nella British Columbia, per poi scriverne in Eden Express. (Nel mio Palm Sunday ho detto che i figli cercano di realizzare per sé i sogni impossibili delle loro madri. Ecco, invece, il caso di un figlio che rende possibile un sogno impossibile di suo padre. Ha funzionato bene, per un po’.)

Gli agenti immobiliari, di solito, sottintendono che comprare o affittare una casa in tale o tal altra località renderà all’istante il cliente credulone un perfetto candidato all’ingresso in una folk society. Io stesso avevo in mente qualcosa di simile, quando lasciai la General Electric e me ne andai a Cape Cod, dove vissi per vent’anni (a Provincetown, poi a Osterville, e poi a Barnstable).



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