Dopo la festa by Alberto Ravagnani

Dopo la festa by Alberto Ravagnani

autore:Alberto Ravagnani [Ravagnani, Alberto]
La lingua: ita
Format: epub
editore: RIZZOLI LIBRI
pubblicato: 2024-06-17T12:00:00+00:00


SEDICI

Milano con la pioggia è un incubo. Il traffico aumenta in maniera imbarazzante e sembra che da un momento all’altro le persone perdano la capacità di guidare. In ogni angolo, a ogni incrocio si formano rallentamenti, ingorghi, code infinite. Per non parlare della rabbia e delle incazzature di certi automobilisti. Pura guerriglia, una gara di tutti contro tutti per fare mezzo metro o non prendere il semaforo rosso. Già, in condizioni normali, ti suonano e ti mandano a quel paese non appena scatta il verde: con la pioggia è come stare allo stadio, da quanti clacson suonano contemporaneamente. Mentre i pedoni, persino le aspiranti star come il sottoscritto, rischiano seriamente la vita.

Un deficiente, per esempio, è quasi riuscito a tirarmi sotto perché non si è fermato alle strisce. Se non avessi fatto un balzo all’indietro, mi avrebbe preso in pieno. E mi ha pure lanciato una serie di improperi come se fossero incantesimi di Harry Potter.

L’ombrellino che ho preso da un ambulante sotto i portici di piazza XXIV Maggio è mezzo distrutto. È durato il tempo del viaggio da casa all’università e dubito che resisterà per il ritorno. I pantaloni sono fradici fino al ginocchio perché un caro signore ha pensato bene di passare a tutta velocità sopra una pozzanghera sul ciglio della strada, sparandomi un ettolitro d’acqua addosso.

Insomma, venire in centro a piedi è stata praticamente una prova di sopravvivenza. Altro che le route scout per i monti dove il telefono non prende e c’è il rischio di imbattersi negli orsi: andate a piedi a Milano quando piove!

Davanti al palazzo in mattoni rossi della Statale, ex ricovero per gli appestati, ci sono solo i fumatori, in piedi, rannicchiati sotto gli ombrelli o riparati dai cornicioni; i fumatori e i venditori ambulanti che nei giorni di pioggia spuntano chissà da dove con i loro mille ombrelli.

Oggi stranamente non sono in ritardo, anzi, sono venti minuti in anticipo, ma solo perché non mi sono ricordato che la lezione inizia un’ora dopo rispetto al solito. Meglio. Userò questo tempo per leggere e rispondere ai messaggi che ho ricevuto… Assurdo, lo so. Già solo pensarlo mi sembra una roba impossibile, inimmaginabile: io che ricevo e rispondo ai messaggi dei fan come un vero cantante… Se me l’avessero detto un paio di settimane fa, non ci avrei creduto. È andato tutto così in fretta, tutto così bene…

Ehi, un attimo, quello è… William?

C’è un ragazzo che sfila davanti all’ingresso ma non entra. Ha il cappuccio in testa e mi sembra grosso quanto lui, e pure la camminata è la sua. Prosegue a testa bassa fino al giardinetto davanti all’università. Lo seguo con lo sguardo. Passa accanto alla statua dell’astrologa Margherita Hack e si siede sullo schienale bagnato di una panchina. Sotto la pioggia.

D’istinto, salto giù dal marciapiede, entro con la scarpa in una pozzanghera, porca di quella miseria, e vado verso di lui.

Sono vicino, praticamente davanti, ma non mi nota, lo sguardo basso, le cuffie sulle orecchie, le gocce che battono sulle spalle.

«William?»

Niente.

«William!»

Nessun cenno.

Gli tocco il braccio.



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