Due Italie by Brenno

Due Italie by Brenno

autore:Brenno [Brenno]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2010-08-29T06:58:58.046000+00:00


oggetti di uso quotidiano, ma piuttosto per oggetti con funzione simbolica e di culto. Riveste quindi un ruolo sociale più che economico”. La tecnologia del bronzo è invece la risposta che gli italiani al di là del Po dettero a un nuovo drammatico cambiamento climatico. Un ulteriore inaridimento del clima rese più difficile la coltivazione dei terreni e spinse la gente verso le zone umide, ai bordi dei laghi e dei fiumi dove, grazie a una ben sviluppata carpenteria, costruirono nuovi villaggi su palafitte, un'altra innovazione proveniente dalle pianure danubiane e comune all'Austria e alla Svizzera. Asce per disboscare le zone ancora fertili e costruire le nuove capanne, aratri per dissodare e armi per cacciare erano forgiati nei villaggi dal metallurgo, il primo artigiano a tempo pieno. In azzurro la famiglia Gallo-romanza (Francia e Padania). Ma nell'Emilia occidentale, in un triangolo segnato dal Po. Dall'Appennino e dal Panaro,

nasceva,

invece,

una

variazione

dell'insediamento

a

palafitte,

assolutamente unica su tutto il territorio europeo: le terramare, a cui corrispondeva una precisa divisione in appezzamenti di un ampio territorio da coltivare. “Le prove non ci sono”, suggerisce Guidi, “ma tutto lascia supporre che questi appezzamenti appartenessero a famiglie”. Un qualche stupore lo desta il fatto che già circa 1.500 anni prima di Cristo gli emiliani avessero inventato la proprietà

privata della terra. Ma se questo dato non è certo, non sembra essere meno sorprendente la scoperta, confermata da numerosi lavori, che gli antenati dell'Emilia rossa attuassero una politica di cooperazione tra i villaggi nelle complicate fasi di costruzione delle terramare e nella gestione delle tecnologie. Queste cooperative ante litteram nacquero solo qui e qui vennero spazzate via dal depauperamento del suolo.

Il depauperamento dei terreni agricoli fu anche la fonte principale delle disgrazie del Mezzogiorno italiano, che declinò lentamente fino a una vera e propria recessione nel XII secolo a.C. Una recessione da cui non si sollevò mai più e contrassegnata dalla colonizzazione fenicia e greca. In questi due millenni circa di lotta all'inaridimento e al superfruttamento dei suoli si delinearono una terza e una quarta Italia. “Nell'Italia centrale”, racconta Alessandro Guidi, della Soprintendenza archeologica del Lazio, “la risposta ai cambiamenti climatici è una economia mista legata anche alla variabilità dell'ambiente, in cui la pastorizia prende sempre più piede”. Erano popoli pastori i laziali, i marchigiani, gli abruzzesi, come lo erano i toscani, che però possedevano da sempre una vocazione alla metallurgia e all'artigianato, incentivata dalla vicinanza delle materie prime ma resa redditizia dagli importanti commerci che solcavano il Tirreno. Eccola la quarta Italia della Toscana e della Liguria che sembrava stabilire un asse privilegiato con la Francia meridionale e la Spagna e costituiva un punto d'approdo di commerci ricchissimi che incrociavano l'Egeo e il Mediterraneo. I romani, tra qualche secolo, li avrebbero chiamati etruschi. Ma questa è già storia. Daniela Minerva

“Scienza & Vita”

n. 4, Aprile 94

[ Le cinque foto non facevano parte dell'articolo, ma -migliorando la comprensione dell'argomento-sono state da me inserite e commentate. Visto che l'argomento è

stato usato e abusato per motivi politici, ho volutamente (tranne una) inserito foto tratte da siti non italiani.



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