Eneide (Italian Edition) by Marone Publio Virgilio

Eneide (Italian Edition) by Marone Publio Virgilio

autore:Marone, Publio Virgilio [Marone, Publio Virgilio]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788866610106
editore: Simplicissimus
pubblicato: 2015-03-02T00:00:00+00:00


Libro VIII

Poi che da la laurente rocca il segno

levò Turno di guerra e in rauco suono

strepitarono i corni, e poi che scosse

de gli animosi cavalli e spinse l’armi,

subito i cuori s’agitano, tutto

congiura il Lazio impazïente, e freme

fiera la gioventú. Messapo e Ufente

e sprezzatore degli Dei Mezenzio

son duci primi a radunar le forze

desolando di braccia i campi intorno.

Vènulo inoltre a la città s’invia

del grande Dïomede, per ausilio

chiedere ed annunciargli esser nel Lazio

i Troiani; che giunto Enea dal mare

porta i Penati vinti, e sé dai fati

dice richiesto a re; che al sir dardanio

molte genti s’accostano e il suo nome

frequente per le lazie aure si spande.

A che si accinga, qual successo a l’armi,

se la fortuna lo secondi, agogni,

piú manifesto deve a Dïomede

che a Turno re parere o a re Latino.

Ciò per il Lazio.

E il laömedontèo

eroe, tutto vedendo, in gran tempesta

ondeggia di pensieri, or qua la mente

e or là rapida volge, e in ogni parte

le dà l’ali per tutte le vicende:

qual tremulo brillar d’acque ne’ bronzei

vasi, dal sol percosso o da la luna

specchiata, lieve si riflette intorno

e balza e il sommo de le stanze irraggia.

Era notte, e per ogni terra stanchi

gli animali che volano e che vanno

alto sonno teneva: il padre Enea

su la riva e sottesso il freddo cielo,

afflitto in cuore da la triste guerra,

diede a le membra sue tardo riposo.

Ed ecco gli sembrò che si levasse

dal fiume ameno tra i frondosi pioppi,

nume antico del luogo, Tiberino;

tenue lino il cingea di glauco velo,

le canne gli ombreggiavano i capelli;

e cosí gli dicesse a suo conforto:

«O stirpe degli Dei, che ne riporti

di tra’ nemici Troia e fai perenne

Pergamo, o sospirato ne la terra

laurente e ne’ latini campi, è questa

la casa tua, son qui, non ne partire,

i tuoi Penati, né temer minacce

di guerra: tutto si posò il bollore

de l’ire degli Dei.

Eccoti già – che tu non creda un vano

sogno vedere – sotto l’elci a riva

grande giacer la scrofa troverai

che si sgravò de’ trenta capi, bianca,

per terra, bianchi a le sue poppe i nati.

Di qui tre volte i dieci anni volgendo,

Ascanio fonderà dal chiaro nome

Alba. Non presagisco incerte cose.

Or breve, ascolta, ti dirò la via

che vincitor tu quel che preme adempia.

Gli Arcadi, scesi da Pallante, in queste

spiagge, seguendo Evandro e i suoi vessilli,

elessero lor sede e sopra il monte

posero la città che dal loro avo

Pallante nominaron Pallanteo.

Questi hanno guerra co’ Latini assidua;

te li associa a l’impresa in alleanza:

io stesso indietro t’addurrò pel fiume

a vincere co’ remi la corrente.

Su, figliuol de la Dea, col declinare

primo degli astri porgi le sue preci

a Giunone e ne supera co’ voti

supplichevoli l’ira e le minacce.

A me l’onor farai dopo il successo:

qual tu mi vedi radere le sponde

in piena tra le terre coltivate,

il cerulèo Tevere son io,

fiume al ciel prediletto. Qui la grande

mia casa, il capo a città eccelse nasce».

Disse, indi il fiume si calò ne l’imo

letto: lasciano Enea la notte e il sonno.

Si leva, e vòlto dove sorge il sole

devoto tra le palme acqua dal fiume

attinge e verso il ciel move la voce:

«Ninfe, laurenti Ninfe, onde hanno i rivi

origine, e tu, Tebro genitore

col fiume santo, ricevete Enea

e traetelo alfine da’ perigli.



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