Ghosh Amitav - 1996 - Estremi orienti by Ghosh Amitav

Ghosh Amitav - 1996 - Estremi orienti by Ghosh Amitav

autore:Ghosh Amitav [Ghosh Amitav]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Giornalismo
ISBN: 9788806147570
editore: Einaudi
pubblicato: 1995-12-31T22:00:00+00:00


15.

Quelli che c’erano dicono che vi fu un momento di epifania a Phnom Penh, nel 1980. Fu in occasione di un evento tranquillo, relativamente oscuro: un festival durante il quale la musica e la danza classica cambogiana tornarono in scena per la prima volta dopo la rivoluzione.

Ballerini e musicisti giunsero a Phnom Penh da tutto il paese. Tra essi Proeung Chhieng, uno dei ballerini e coreografi più famosi del paese: giunse a Phnom Penh da Kompong Thom dove, dopo la caduta della repubblica di Kampuchea, aveva riunito una piccola compagnia di ballo. Lui aveva compiuto il suo tirocinio a palazzo fin da bambino, specializzandosi nel ruolo di Hanuman, il dio-scimmia dell’epica Ramayana, una delle glorie della danza khmer. Quell’addestramento si sarebbe dimostrato provvidenziale per la sopravvivenza di Proeung Chhieng: la sua abilità di clown e di mimo lo aiutò a convincere chi lo interrogava al campo di lavoro della sua identità di pazzo analfabeta.

Al festival rivide per la prima volta dopo la rivoluzione molti compagni di studio e insegnanti. – Piangevamo e ridevamo guardandoci intorno per vedere chi altri era sopravvissuto. Urlavamo di gioia: «Sei ancora vivo!», e subito scoppiavamo in lacrime pensando a qualcuno che era morto.

Quando cominciarono a prepararsi per lo spettacolo, si diffuse tra gli artisti una certa costernazione: in pochi anni moltissimi strumenti musicali, costumi e maschere erano andati distrutti. Dovettero improvvisare nuovi costumi per andare in scena, invece di ricche sete e broccati usarono cotonina prodotta da un’industria tessile di Stato. Il teatro era relativamente in buono stato, ma la luce si abbassava frequentemente, e l’illuminazione era tetra e inaffidabile.

Eppure la gente si accalcava nel teatro. Onesta Carpene, una volontaria cattolica italiana, era uno dei pochissimi stranieri residenti a Phnom Penh in quel periodo. Rimase sbalordita dalla reazione della gente: la città era a pezzi; c’erano macerie ovunque, straripavano dalle case sui marciapiedi; le strade erano intasate di automobili razziate; non c’erano soldi e il cibo scarseggiava: – Non potevo immaginare che in una situazione del genere la gente pensasse alla musica e alla danza. Invece la gente continuava ad arrivare, e il teatro era strapieno. All’interno faceva un caldo insopportabile.

Eva Mysliwiec, arrivata da poco per mettere in piedi una missione quacchera, era presente a quel primo spettacolo. Quando il primo musicista mise piede sul palcoscenico sentì intorno a sé la gente che singhiozzava. Poi, quando comparvero i ballerini con i loro costumi laceri, confezionati in casa alla meno peggio, tutti scoppiarono in lacrime, vecchi, bambini, giovani, soldati. – Si sarebbe potuti uscire dal teatro in barca a remi.

Quelli che le sedevano accanto dissero: – Pensavamo che fosse tutto perduto, che non avremmo mai più riascoltato la nostra musica, né rivisto la nostra danza –. Non riuscivano a trattenere le lacrime, il pubblico pianse durante l’intero spettacolo.

Fu una sorta di rinascita, un momento in cui il dolore di sopravvivere si fuse inestricabilmente con la gioia di vivere.



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