Il clown e la coscienza by Gerardo Mele

Il clown e la coscienza by Gerardo Mele

autore:Gerardo Mele [Mele, Gerardo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Lindau
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Creazione: il vuoto che genera

La creatività è indispensabile, è necessaria per vivere, perché è cambiamento. Il contrario di una vita creativa è una vita esclusivamente mentale, molto diffusa in questo periodo, che porta inevitabilmente a un’involuzione, o quantomeno a indebolire la consapevolezza della crescita che può garantire la creatività.

La creatività permette di frequentare le emozioni, di viverle in leggerezza e riconoscerle, e anche nella finzione si rivelano molto formative. La leggerezza è una libertà da riscoprire, e per il clown non è un terreno difficile, anzi: a partire da quell’attitudine di innocenza infantile tutto può essere relativizzato e alleggerito; ma, come adulto, nella società fai fatica, sei obbligato da un cliché, da un protocollo, e magari dopo aver trascorso una giornata in giacca e cravatta tra valigette, computer e gerarchie, non hai il tempo né la possibilità di frequentare la tua ingenuità, di frequentare la tua freschezza di essere umano, perché pratichi altre cose.

Ecco perché mi sento di poter dire che l’artista è un privilegiato: ha la possibilità di avere una visione differente, nuova, personale, può crescere in questa dimensione interiore, ma è sempre una questione di pratica, e la creatività deve essere praticata.

Ciò che noi frequentiamo e pratichiamo diventa il terreno su cui decidiamo di vivere, quindi siamo noi a comporre la struttura di ciò che ci sostiene e la creatività diventa determinante nel mantenere vivo il quotidiano processo di cambiamento e di crescita interiore. L’alternativa è la stagnazione energetica, dove nulla cambia e le abitudini si rinforzano per diventare orribili certezze.

Anche il corpo si adatta perfettamente allo stato interiore, di conseguenza nelle condizioni di stagnazione energetica non se la passa molto bene, la fame di emozioni aumenta senza dare pace, e poi un giorno finalmente il corpo riceve attenzione perché è sofferente.

L’atto creativo è la parte più attesa e anche la più importante del percorso di formazione, proprio perché ci si mette in gioco totalmente.

Gli attori devono entrare in scena da una porta al centro dello spazio scenico, creata apposta per sviluppare il contatto con il pubblico, che durante il laboratorio è costituito dai compagni di corso. Con loro ci si sente apparentemente più liberi di improvvisare perché durante la lezione si è sviluppata già una certa complicità e anche una certa solidarietà, entrambe molto costruttive, ma non abbastanza per solidificare l’apertura e la coscienza sul momento presente.

Il più grosso freno alla libertà nelle improvvisazioni è l’energia del pensiero, e quando la mente smette di esserne schiava opera un vero cambiamento in ogni tipo di attività. Molti artisti prima di entrare in scena sono dominati da pensieri che io considero tossici, come «ora faccio questo che conosco», «chissà cosa pensano gli altri», «faccio così perché è bello», «quest’idea è geniale» e di fatto continuano a distruggere il momento presente e l’apertura all’energia della creatività, producendo invenzioni.

L’essere umano ha inventato molto, dalla ruota all’astronave, ma inventare non è creare, la capacità di fare qualcosa non c’entra con la creazione, il pensiero è sempre condizionato e non sarà mai creativo e ancor meno libero.



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