Storie di ordinaria fonia (Italian Edition) by Roberto Bonfanti

Storie di ordinaria fonia (Italian Edition) by Roberto Bonfanti

autore:Roberto Bonfanti [Bonfanti, Roberto]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2015-03-08T23:00:00+00:00


PUBBLICO VS FONICO

Parafrasando una nota massima commerciale si può dire che il pubblico ha sempre ragione. La gente che viene a sentire i concerti è il motivo per cui si fanno gli stessi, quindi ha tutto il diritto di esprimere il proprio gradimento o il proprio scontento per l’esibizione degli artisti e per il lavoro dei tecnici audio. Ma ci sono delle eccezioni, delle volte in cui la polemica e la voglia di protagonismo delle persone supera i limiti della decenza.

Nelle situazioni in cui di solito mi trovo a lavorare non c’è filtro fra il pubblico e la mia postazione, quindi ogni tanto c’è qualcuno che mi dice la sua su quello che devo fare. Non vorrei apparire snob, ma di solito cerco di fare del mio meglio e, senza sembrare presuntuoso, credo di intendermene un po’ di più della media delle altre persone, perciò...

Il gruppo sta suonando, un tipo viene da me in regia e mi dice: “Ero al bar e non sentivo la chitarra.”

“Ma ora, qui, la senti?”

“Sì... ma quando ero laggiù non la sentivo.”

Qual è il problema? Al bar si va per bere, se vuoi sentire il concerto forse è meglio stare davanti al palco.

Dopo il bis il cantante della band saluta e dà la buona notte.

“Dai, fagli fare un’altra canzone!”

“Ti assicuro che non gli ho detto io di smettere. Se vogliono continuare per me non c’è problema.”

“Sì, ma se glielo dici tu la fanno.”

“Guarda che non sono il loro manager, io faccio il fonico.”

“Per favore, se glielo chiedi tu continuano!”

“No, secondo me sei più convincente, provaci tu.”

“Le coriste... non sono un po’ basse?”

“Nella media, tutte e due superano il metro e sessanta.”

“No, dicevo come volume!”

“Io le sento bene.”

“Mi sembravano un po’ basse...”

“No, no, fidati. Va benissimo così.”

“Ma non c’è troppo riverbero sulla voce?”

“Non ce n’è per niente. È il tendone che rimbomba così.”

“E non si può fare qualcosa?”

“Si può smontare la tenda, ma ci vuole un po’ troppo tempo.”

“La batteria... non suona come quando vado a sentirli in sala prove...”

“Ci sono tre gruppi, usano tutti la stessa, non è straordinaria, ma non suona malissimo.”

“Ma lui è un mio amico, la sua suona meglio...”

“Digli di portare la sua, la prossima volta.”

“Una delle chitarre suona più forte dell’altra.”

“È il solista, l’altro fa la ritmica. È normale che ci sia un po’ di differenza.”

E così via.

Dopo il concerto c’è il dj, alle 3 di notte passate l’organizzatore ha già detto da un pezzo di spegnere tutto, abbassiamo i volumi e cominciamo a smontare.

C’è una tipa, visibilmente ubriaca, che non si vuole rassegnare ad andare a casa e continua a dire: “Ancora una canzone! Per favore, ancora una! L’ultima, ancora una...”

Un ragazzo con il cappello, accanto a lei, cerca di convincerla a lasciar perdere: “Via, andiamo. Tanto, al giorno d’oggi, non c’è più rispetto per il pubblico.”



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