La montagna incantata by Thomas Mann

La montagna incantata by Thomas Mann

autore:Thomas Mann
La lingua: ita
Format: mobi, epub, azw3
editore: Yorikarus @ TNTVillage
pubblicato: 1924-02-09T23:00:00+00:00


Dello stato di Dio e della mala redenzione

Nella sua loggia Hans Castorp stava classificando una pianta che, mentre l’estate astronomica era cominciata e le giornate si accorciavano, cresceva abbondante in vari posti: l’aquilegia, una ranuncolacea, che cresce a cespo, col gambo lungo, fiori azzurri e color viola, o anche rossobruni, e foglie erbacee di notevole superficie. La pianta cresceva qua e là, ma particolarmente folta nel quieto recesso dove egli l’aveva vista la prima volta poco meno di un anno prima: nella remota gola silvestre, tra lo scrosciare del rio montano, col ponticello e la panca dove era terminata allora la sua libera, inconsulta e nociva passeggiata, e dove ritornava di quando in quando.

Non era molto lontano, bastava non fare il giro che aveva fatto allora. Salendo, dal traguardo degli slittini a Dorf, un poco per il pendio, si poteva, senza deviazioni inutili, senza arie d’opera e soste di spossatezza, raggiungere in venti minuti quel punto pittoresco sulla via del bosco, i cui ponti di legno scavalcavano la pista dei bob proveniente dalla Schatzalp; e quando Joachim era costretto a casa da obblighi d’ufficio - visite, fotografie degli organi interni, esame del sangue, iniezioni o pesate Castorp, se il tempo era sereno, vi si recava dopo la seconda colazione, talvolta già dopo la prima, e approfittava anche delle ore fra il tè e la cena per visitare quel luogo preferito, sedersi sulla panca dove gli era venuta un giorno quella copiosa epistassi, ascoltare con la testa piegata su una spalla il fragore del torrente e osservare intorno a sé il limitato paesaggio e il tappeto di aquilegie azzurre che erano di nuovo in fiore.

Vi andava soltanto per questo? No. Si sedeva là per stare solo, per ricordare, per riandare impressioni e avventure di tanti mesi e riflettere su tutte. Ce n’erano molte e diverse, non facili da ordinare, poiché gli apparivano variamente concatenate e confluenti l’una nell’altra, di modo che era difficile separare le tangibili dalle pensate o soltanto sognate e immaginate. Soltanto bizzarre erano tutte, a tal segno che, quando ci pensava, il suo cuore, mobile com’era stato e rimasto fin dal primo giorno vissuto lassù, s’impennava e martellava. O per spaventare così bizzarramente il suo nobile cuore bastava la razionale considerazione che l’aquilegia, lì dove un giorno, in uno stato di diminuita vitalità, gli era apparso Pribislav Hippe in carne e ossa, non fioriva ancora, ma tornava già a fiorire, e tra pochissimo le “tre settimane” sarebbero diventate un anno tondo tondo?

D’altro canto non gli venne più sangue dal naso su quella panca presso il torrente; cosa passata. La sua acclimazione, che Joachim gli aveva descritto subito come difficile e tale era stata davvero, era ormai avanzata e dopo undici mesi doveva considerarsi compiuta, né erano da prevedere altri progressi in questo senso. Il suo chimismo gastrico si era adattato e regolato, i “Maria Mancini” avevano un buon sapore, i nervi delle mucose asciutte riassaporavano da un pezzo il profumo di quel prodotto conveniente che egli, come al



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