Il Levante by Mircea Cărtărescu

Il Levante by Mircea Cărtărescu

autore:Mircea Cărtărescu [Cărtărescu, Mircea]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Voland
pubblicato: 2019-07-15T22:00:00+00:00


CANTO IX

Ottima spuma, o meglio: bragă! Sesamo! Şerbet! Assaggia del rahat al pistacchio! Una baclava da cui gocciola il miele! Zucchero candito e fichi secchi, una bella manciata per un soldo! Ehi, effendi, ti piacerebbe una verginella dalle chiappe sode, o preferisci un’odalisca? O ti occorre una tartana con le vele spiegate che trasporti la tua legna oltre la reggia delle acque, dove il delfino è pascià e cadì sono gli storioni? Dài un banchetto? Mi prendo il tamburello e suono per te tutta la notte: pa, vu, ga, di.

Giurgiu, porto fluviale! Tu, fungaia che prosperi nello stallatico, dove il putridume e il pantano splendono come l’oro, dove i colli delle moschee si allungano verso i corni della luna avvolgendosi a spirale attorno ai campanili delle chiese, dove i turchi brunicci fanno affari con i moldavi biondi, scambiando belletti e costose vesti con montoni dallo spesso vello. Tu sei da qualche parte in me, dolce e annebbiata fortezza turca, forse ti ho vista con gli occhi del cognome che mia mamma portava da ragazza: si chiamava Badislav... Turchi, bulgari, tatari riversano in me virtù e vizio. Alle prime ore del giorno, i pastori dell’Oltenia trasportano su bastoni ricurvi latte cagliato e panetti di burro, mentre gli armeni di Trebisonda hanno portato al mercato pentole di rame martellato. Delicate uova di pesce sono esposte sui banchi dentro oleosi barattoli. Le campane di chiese ortodosse suonano a distesa, i cordoni delle borse si aprono e si chiudono nella botteguccia del cambista, dove rubli, lei, zecchini e scudi d’oro si versano sulle quietanze nei piatti della bilancia.

La tripla banda con la quale vi ho annoiato nel canto precedente, gli strambi palicari, i ladri disonesti di Iogurta e gli zingari di Zotalis si accalcavano nelle viuzze, passavano a fatica, poiché avevano larghe spalle, fra le pareti fatte di assi tinteggiate in azzurro e rosa.

...Nuvole spiralate simili a zucchero filato si avviticchiano nel cielo incontaminato...

A un certo punto, tra le nuvole, un pallone aerostatico diffuse fruscii di seta e ombre scure sopra croci e mezzelune, tanto che gli abitanti del borgo cominciarono a urlare esterrefatti. Manoil vide attraverso il cannocchiale l’intero borgo pieno di labbra rosse con denti marci e di occhi sbarrati con i bulbi fuori dalle orbite, di gente che voleva capire per quale marchingegno l’enorme pallone rimanesse sospeso in aria, eclissando il sole, così come un’elegante signora è capace di fissare una clip al lobo del proprio orecchio. Il pesce resta sui banchi incustodito, al muezzin della moschea si è bloccata la sura in gola, infatti tutti indistintamente scappano, perdendosi i calzari, per andare a vedere come le divinità di una stranissima, sorprendente genìa ripiegano la mongolfiera fra le loro lunghe dita... Languedoc tagliava col pugnale, dentro la navicella, un’anguria e ne addentava la polpa succulenta, mentre la scimmietta Hercule biascicava un tubercolo. Zoe e Zenaida facevano giochi di pazienza sul fondo della cesta di vinco. Quelle che un tempo erano state vesti vaporose pendevano ora lacere, così come il nostro corpo rimane logoro alla fine della vita.



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