La quarta parete by Sorj Chalandon

La quarta parete by Sorj Chalandon

autore:Sorj Chalandon [Chalandon, Sorj]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, General
ISBN: 9788889767993
Google: t4knvgAACAAJ
editore: Keller Editore
pubblicato: 2016-05-15T19:23:31+00:00


14

Emone

Osservavo Marwan. Di nascosto, di profilo come quando guidava. Ma questa volta non temeva né proiettili né bombe. Non era su una strada mortale o in un budello ostile. Era a casa sua, principe druso. Fumava, la sigaretta stretta tra il medio e l’anulare. C’era sua moglie. Non ne conoscevo il nome. Me l’aveva presentata dicendo:

«Mia moglie».

Andava e veniva con dolci, tè e caffè bianco.

Il mio ospite aveva invitato degli amici, una decina. Stavano seduti in cerchio in salotto, sul divano, qualche sedia, i cuscini sistemati sul tappeto per terra. La maggior parte era vestita di nero, berretto bianco in testa. L’Islam considerava quegli uomini degli apostati. Rifiutavano di riconoscere il Profeta, la shari’a. La loro religione non aveva né liturgia né luoghi di culto.

Marwan mi aveva lasciato la sua poltrona. Ha aspettato che arrivassero gli invitati, di averli abbracciati uno dopo l’altro sulla soglia, poi si è alzato. Ha parlato in arabo. Qualche parola grave, stringendo gli occhi. Non aspettava risposta. Aveva l’autorità delle parole necessarie.

Poi si è seduto. Ed è entrato Nakad. Fragile ed elegante.

Portava dei saraoual grigi tradizionali, con il cavallo basso, e un fez avvolto in un turbante bianco. Si è portato al centro della stanza. Ci ha guardato, stupito, come se fosse sorpreso della nostra presenza. Si è messo davanti al padre, si è inchinato, gli occhi che andavano da lui a me.

«Emone» ha detto Nakad.

Il druso stava per pronunciare le prime battute della sua parte. Ha abbassato la testa, l’ha rialzata. Ha tossito. Ha inspirato.

«Sai bene che ti avevo perdonato, appena avevi sbattuto la porta. Il tuo profumo era ancora là e io ti avevo già perdonato. A chi l’avevi rubato, il profumo?»

Mi sono alzato bruscamente.

«A Ismene» ho risposto.

Il ragazzo si è sorpreso. E poi ha sorriso. Ha continuato.

«E il rossetto, la cipria, il bel vestito?»

«Anche».

«E in onore di chi ti eri fatta così bella?»

Gli stavo di fronte. Doveva abbracciare Antigone. Abbracciare me, quindi. L’ho guidato. Lui ha aperto le braccia, io mi ci sono rifugiato. Dei mormorii nella stanza. Marwan ha detto qualcosa in arabo. Nakad si è bloccato.

«Mio padre spiega agli altri che lei interpreta il ruolo della donna».

Gli ho fatto un cenno col capo.

«Non preoccuparti. Riprendi la tua parte».

Ha inspirato.

«E in onore di chi ti eri fatta così bella?»

«Te lo dirò. Oh, caro, come sono stata stupida! Tutta una sera sprecata. Una bella serata…»

Marwan traduceva per i suoi invitati. Era a disagio. Suo figlio stretto a un uomo, uno straniero, sotto il suo tetto.

«Avremo altre sere, Antigone».

«Forse no».

Mi sono svincolato lentamente. Nakad è rimasto con le braccia aperte. E io ho applaudito. Ho fatto il giro della stanza, battendo le mani, guardando a uno a uno gli invitati di Marwan. E tutti si sono alzati. Lui per primo, incoraggiando gli altri. E poi i suoi compagni. E sua moglie, rimasta dietro la porta, e i bambini nascosti. Nakad recitava male la sua parte, ma la sapeva. Gli ho stretto la mano, un modo per far dimenticare il nostro abbraccio.

«Hai imparato la parte a memoria?»

È indietreggiato di tre passi.



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