La via della libertà. Storia di un ufficiale che divenne partigiano by Furio Aceto

La via della libertà. Storia di un ufficiale che divenne partigiano by Furio Aceto

autore:Furio Aceto [Aceto, Furio]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Biography & Autobiography, Historical, Personal Memoirs, History, Wars & Conflicts, World War II, General, Political Science, Colonialism & Post-Colonialism
ISBN: 9791259960214
Google: 6J9GzwEACAAJ
editore: Terre di mezzo
pubblicato: 2022-04-15T09:01:20+00:00


A SAN MICHELE DELLA CERTOSA DI PESIO

Il 3 settembre rioccupiamo la valle del Pesio: attraversata la Pigna, scendiamo a San Bartolomeo senza prendere contatto col nemico, che ha ripiegato a Chiusa Pesio.

Il mio distaccamento viene destinato al San Michele: una piccola cascina sulle pendici della Gardiola, a quota 1.131. Si tratta di un solido fabbricato del ’200, già grangia dei Certosini, con annesso un capace fienile disposto ad angolo sul lato nord est; al primo piano ci sono una grande cucina e una camera; al piano sottostante una capiente stalla e una legnaia. Un lungo “arbi”, l’abbeveratoio per il bestiame ricavato da un tronco scavato, limita il cortile quadrato verso la montagna, ed è alimentato da un ruscelletto che poi si perde nel verde. Folti boschi circondano la cascina, ricoprendo le pendici del monte e aprendosi in brevi radure verso la Certosa di Pesio.

La posizione è tatticamente eccellente, e mi consente di disporre, nei pressi della casa, un osservatorio con ampi campi di vista sulla vallata, da Madonna dei Boschi a Madonna d’Ardua, facilitando il nostro compito di controllo sulle provenienze dalla Mirauda e dal Marguareis.

Tre mulattiere ci collegano alla sottostante cascina di San Giuseppe, a Certosa di Pesio ed a San Bartolomeo.

Trascorriamo la prima notte nel fienile, e la mattina ci svegliamo tutti “intronati”, come dice il Ferrua, per la scarsa ventilazione e la fermentazione del fieno; poi, l’aria fresca e le abbondanti abluzioni ci restituiscono energia per cominciare la sistemazione logistica.

In mattinata sale da noi il proprietario della grangia, e, appreso il mio cognome, esclama: “Nella mia compagnia del 1° Alpini, in Libia... c’era un Sottotenente Aceto. Me lo ricordo bene. Io ero il trombettiere”. Gli confermo che si trattava sicuramente di mio padre, che proprio nel 1911 aveva partecipato a quella guerra. Al che, egli aggiunge: “Mi ricordo che dopo un combattimento è rimasto ferito da un capo arabo. Lui lo soccorreva. Sembrava moribondo. Mentre il Tenente gli dava da bere con la sua borraccia... quello gli ha dato una pugnalata nel petto. Lo ammazzava se non c’era la bandoliera! Poi suo padre è tornato presto dall’ospedale. Per combattere ancora con noi. Gli hanno dato anche una Medaglia al Valore”.

Mi commuovo per questo imprevedibile incontro e lo ringrazio per il suo ricordo, ed egli dice di usare liberamente quanto troveremo, e che gli rincresce non poter rimanere con noi. Gli assicuro che non faremo danni. Questo benvenuto mi suona di ottimo augurio, e raccomando ai miei uomini di trattare ogni cosa come se fosse la loro.

La cascina in realtà è poco attrezzata perché ormai usata solo come alpeggio estivo. Per poter fruire della grande tavola, costruiamo subito delle panche di assi; poi, nel capace camino ancora fornito di marmitte collaboriamo quasi tutti per preparare il primo rancio caldo: un bollito di carne, e il brodo, senza gusti, tranne un po’ di sale. Ci siamo portati da Prea grosse pagnotte di pane scuro, e mangiamo con grande appetito ed euforia.

Essendo affluiti rinforzi, siamo aumentati di numero e devo rivedere la sistemazione per la notte.



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