L'assedio by Michele Ainis

L'assedio by Michele Ainis

autore:Michele Ainis [Ainis, Michele]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Law, Constitutional, Political Science, General, Constitutions
ISBN: 9788830431034
Google: _wYKCxLWCR8C
editore: Longanesi
pubblicato: 2011-01-07T23:00:00+00:00


Quale Costituzione

In tutti questi equivoci a propria volta si riflette l’ambivalenza insita nel concetto stesso di Costituzione. Gioca qui infatti il doppio livello in cui il termine si presta a essere impiegato, in senso descrittivo ovvero prescrittivo: una distinzione che i giuristi conoscono assai bene, benché non sempre ne traggano ogni dovuta conseguenza.

La prima è una nozione antica, è la πoλiτεía dei Greci, che designava per l’appunto la «condizione di cittadino », e perciò in senso traslato esprimeva lo stesso modo di essere della polis, la sua vita politica, per come si era andata strutturando attraverso un processo secolare. A tale stregua la Costituzione rappresenta dunque la naturale ossatura dello Stato, e ovviamente non c’è Stato che possa esserne privo. La seconda indica viceversa il frutto d’una decisione autonoma, non semplicemente rappresentativa bensì costitutiva di un nuovo ordine politico e sociale. È questa l’accezione che ci è stata trasmessa in eredità dopo le rivoluzioni di fine Settecento, quando s’avvertì il bisogno di porre limiti al potere fino allora assoluto del sovrano, e di codificare tali limiti in un documento scritto. Sicché per i moderni ogni Costituzione ha sempre una valenza prescrittiva, nel senso che detta le sue leggi alla politica, ne regola il corso, anziché subirne il predominio.

Non è senza significato che questa scissione fra un piano formale e uno sostanziale, fra prescrizione e descrizione del fenomeno giuridico, si ripeta pari pari nel rapporto fra legge e prassi come fonti di produzione del diritto. Come ci ha insegnato Bobbio, le due fonti sono sempre state rivali l’una dell’altra; e la prevalenza della legge ovvero della prassi all’apice degli ordinamenti distingue le diverse epoche giuridiche così come i diversi tipi di società e di Stato. Così, durante il feudalesimo vigeva un diritto di stampo consuetudinario, piuttosto che legislativo. Così, in Inghilterra la common law nasce come diritto consuetudinario opposto e superiore al diritto legislativo (statute law); e ancora nel Seicento Coke scriveva di come gli atti del re fossero impotenti dinanzi alla consuetudine, e di come quest’ultima potesse invalidarli.

Ma il contrasto si è ormai risolto con il successo della legge, con l’avvento dell’illuminismo dopo il romanticismo, con la stagione delle grandi codificazioni ottocentesche. In questo senso può ben dirsi che la storia giuridica moderna descriva un processo di graduale emancipazione dalla prassi, di progressiva contrazione del suo ruolo normativo; e infatti oggi essa sopravvive per lo più come ricordo di età primitive, o come regola laddove manchi un unico centro di potere, e perciò manchi una fonte propulsiva del diritto riconosciuta dalla generalità (è il caso dell’ordinamento internazionale).

E allora come può mai giustificarsi l’opinione che le accredita al contrario un peso decisivo nel microcosmo del diritto costituzionale? Qui non basterà osservare – sulla scia di Santi Romano – che il diritto scritto possa disciplinare unicamente la produzione del diritto scritto, e che perciò esso sia inerte e muto dinanzi alla forza autonoma della consuetudine. Non basta, perché altrimenti la medesima linea concettuale dovrebbe altresì farsi valere nel campo del diritto civile



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