Liberate gli ostaggi by Comandante Alfa

Liberate gli ostaggi by Comandante Alfa

autore:Comandante Alfa [Alfa, Comandante]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Longanesi
pubblicato: 2024-09-11T22:00:00+00:00


I detenuti comunque vogliono disfarsi dell’agente ferito. È una presenza imbarazzante, se le sue condizioni dovessero aggravarsi la rivolta conterebbe la sua prima vittima. I rivoltosi vogliono rilasciarlo, abbandonandolo in fondo alla scala che sfocia nel pianterreno. Nel frattempo alcuni di loro ungono le scale di accesso con grasso e olio, lasciando puliti solo venti centimetri di ogni gradino per il loro passaggio, per rendere più difficile l’irruzione delle forze dell’ordine. Altri appoggiano i materassi alle finestre della sezione che danno all’esterno in modo da impedire il lancio di lacrimogeni. E c’è chi ne approfitta per rivalersi sugli agenti di custodia prigionieri. «Facciamogli vedere cosa si prova a stare in cella, dimostriamogli quanto fastidio diano le perquisizioni improvvise e quanto pesino i continui controlli» propone qualcuno. E in un grottesco rovesciamento dei ruoli, i rivoltosi si improvvisano i custodi delle guardie in ostaggio: le perquisiscono più volte, le interrogano. Recitano sostanzialmente le scene che vivono quotidianamente in carcere, questa volta a ruoli invertiti.

Alle sedici i rivoltosi sono ormai padroni del primo e del secondo piano e dopo aver trovato gli attrezzi abbandonati dagli agenti, stanno saldando i diversi cancelli per impedire l’accesso alle sezioni di massima sicurezza, utilizzando anche le porte blindate divelte dalle celle per rinforzarli... Li usano anche per costruire armi rudimentali smontando gli armadietti in metallo delle celle. È a quell’ora che avviene il primo contatto telefonico con la direzione del carcere.

Tre detenuti prelevano nuovamente l’appuntato Di Taranto dal cubicolo 71, dove lo hanno rinchiuso dopo averlo «usato» per costringere i quattro agenti al primo piano a uscire allo scoperto, e lo portano in una stanza dove c’è un apparecchio telefonico, la «custodia» al secondo piano. Uno di loro è Giuliano Naria, un ex operaio dell’Ansaldo Meccanico Nucleare di Genova, licenziato per assenteismo e arrestato nel ’76 perché accusato di far parte della colonna genovese delle Brigate Rosse e di aver preso parte all’agguato del 9 giugno di quell’anno, in cui sono stati uccisi il procuratore generale della Repubblica di Genova Francesco Coco e gli agenti della sua scorta, Giovanni Saponara e Antonio Deiana. Sarà lui a spiegargli che cosa deve dire al direttore del carcere al telefono. I rivoltosi si sono anche preoccupati di registrare la comunicazione dopo aver ingegnosamente modificato un «mangianastri».

Il messaggio dei rivoltosi è lapidario, ma collega palesemente quanto accade a Trani al rapimento D’Urso. «Abbiamo nelle nostre mani il giudice D’Urso e diciotto agenti di custodia. Se tenterete un’azione di forza abbiamo abbastanza tritolo per far saltare in aria l’intero carcere e ammazzare tutto il personale di custodia.» I detenuti chiedono anche il ripristino dell’energia elettrica e dell’acqua, che sono state staccate dopo la prima notizia della rivolta. Da quel momento Giuliano Naria sarà il «telefonista» dei rivoltosi e la «custodia» al secondo piano diventerà una sorta di Ufficio relazioni esterne assediato da una folla di detenuti in continua attesa di notizie sull’andamento della rivolta.

Qualche ora dopo l’appuntato Di Taranto viene prelevato nella cella dove è stato imprigionato e portato di fronte a un’inferriata.



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