Libro del sangue by Matteo Trevisani

Libro del sangue by Matteo Trevisani

autore:Matteo Trevisani [Trevisani Matteo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Narrativa, Narrativa contemporanea, Narrativa italiana, Genealogia, Storie di famiglia, Albero genealogico
ISBN: 9791280028631
editore: Edizioni di Atlantide
pubblicato: 2021-09-14T22:00:00+00:00


Capitolo 16

Schiavo bianco

Alvise seppe della nostra relazione qualche giorno dopo. Immagino che sia stato quello l’inizio della fine dei miei rapporti con lui. Forse in qualche modo avrebbe voluto che io resistessi alla figlia, ma invece mi ero dimostrato come tutti gli altri, un maschio che non riusciva a pensare che al sesso. C’era una novità, però. Giorgia sembrava presa almeno quanto me dal rapporto che avevamo. Forse eravamo felici e io avevo sviluppato un vago eppure persistente senso di protezione verso di lei. Non volevo che soffrisse più e allo stesso tempo mi sentivo forte abbastanza per farmi carico del suo dolore: mi ero detto che un sentimento del genere doveva essere l’amore. Non ero così forte, ma un uomo innamorato arriva a pensare molte cose di se stesso, nessuna vera nello stesso momento.

Cercando nei registri online Giorgia trovò la scansione di un piccolo fascicolo dal titolo: Sambenedettesi schiavi in Barberia. Si trattava della lista, compilata negli anni Venti, di tutti i marinai e i pescatori della mia cittadina che erano stati rapiti dai pirati arabi nelle acque dell’Adriatico. Trovammo una copia del fascicolo nel catalogo di una libreria antiquaria di Torino, lo comprammo e aspettammo che arrivasse. Devo averlo ancora, da qualche parte. Ricordo l’emozione di quando lo scartammo, chiusi nella mia stanza. Trovare lì dentro il nome di un mio avo significava dare una storia a qualcuno che era vissuto due secoli prima di me, e da lì avremmo potuto ripartire alla ricerca degli avi che lo precedevano. Nella terza colonna di quell’elenco straordinario e terribile di nomi c’era Filippo Antonio Trevisani. Rapito dai barbari turchi nel 1804, di condizione miserabilissimo, e deportato a Tunisi, dove fu venduto come schiavo bianco nel battistan, così veniva chiamato da quei marinai il luogo dove il Bey di Tunisi vendeva i battezzati cristiani. La storia delle incursioni piratesche in Italia occuperebbe tutta una biblioteca, ma forse comunque la mole di libri non riuscirebbe a spiegare quanto quelle famiglie soffrissero la lontananza di quei pescatori. Gli uomini venivano presi, massacrati e uccisi, o venduti e messi a lavorare. Alcuni mettevano su famiglia nel Nord Africa, altri, pochi, riuscivano a tornare, ma nel frattempo le loro famiglie venivano gettate nella povertà più assoluta. Interi commerci di intere cittadine erano spazzati via. La morte per mare era preferibile, forse, a una fine tanto ingrata. Filippo era stato rapito a più di sessant’anni, un’età incredibile per qualcuno nato nel 1738 e che di mestiere aveva fatto il pescatore per tutta la vita. Me lo immaginavo questo uomo grosso, forte, segnato dal mare e ignorante come una bestia in catene, che arriva in Africa alla fine della sua vita, senza nessuna speranza di rivedere i propri figli, tra cui un mio nonno, la moglie, la sua casa di fango e paglia vicino alla Marina. Qualcosa di quella sofferenza è passata dentro di me, la sua solitudine ammanta e colora la mia degli stessi toni del grigio, e io e lui viviamo appaiati nella vita degli espatriati, dei rapiti, degli schiavi.



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