Lo sguardo del cacciatore by Giorgio Montefoschi

Lo sguardo del cacciatore by Giorgio Montefoschi

autore:Giorgio Montefoschi [Montefoschi, Giorgio]
La lingua: ita
Format: epub
editore: La nave di Teseo
pubblicato: 2023-10-14T22:00:00+00:00


Alle due del pomeriggio, dopo aver fatto ancora due o tre bagni tutti insieme, mentre erano stesi a prendere il sole sui teli e la spiaggia si era fatta semideserta ormai, senza dir nulla, Sofia si alzò e andò alla cabina. Tornò dopo dieci minuti. Forse anche di più. Aveva un costume intero, nero, di filanca, che le saliva sui fianchi, una blusa azzurra: quella che era appesa dalla sua parte, abbottonata con due soli bottoni, ma con le punte del colletto sollevate verso il mento, i capelli stirati sulle tempie e stretti alla nuca con un fermaglio d’osso, tra le braccia una cesta rettangolare di vimini, fermata con un bastoncino. “Noi, di solito,” sorrise, poggiando la cesta sotto l’ombrellone “a quest’ora mangiamo così.”

“Tutti i giorni?” chiese Leone.

“Quasi” disse lei, voltandogli le spalle e iniziando a preparare. “I bambini preferiscono... Anche perché rimangono a giocare.”

“Hanno molti amici?”

“I due piccoli sì...”

“E Luca?”

“Un po’ meno. Ormai loro sono grandi” sorrise. “Vanno a pescare agli scoglietti giù in fondo.”

“Ci andavo anch’io.”

“Spariscono per delle ore... Il pomeriggio si è organizzato col pallone e col tennis, invece... gli vogliono molto bene...”

“Chi?”

“Gli amici. Però...”

“Cosa?” domando Leone, girandosi per scrutarla.

Ma Sofia fece cenno di no, perché proprio in quel momento stava arrivando, carico di bottiglie d’aranciata e di acqua minerale, e così, chi accovacciato sui teli, chi sulle sdraio, si misero a mangiare.

Rispetto alle ceste che preparavano a Sabaudia, non c’erano molte varianti: la mozzarella tagliata in mezzo al pane con una foglia di basilico e il pomodoro, le uova sode già sgusciate, conservate nell’apposito contenitore, un thermos con la frutta. “Io adoro mangiare soltanto un panino. dichiarò Leone, rifiutandone un altro e prendendo un sorso di birra. “A Roma...”

“A Roma?” domandò Matteo, fissandolo attentamente.

“Vado sempre al ristorante” spiegò, con un attimo di esitazione nella voce, che gli fece allungare lo sguardo. “Poi, fa un caldo infernale...”

“Non credere, fa caldo anche qui” volle rassicurarlo Sofia, sbucciando un’altra pesca con il coltellino a serramanico svizzero.

“Adesso, perlomeno c’è vento” disse Leone, lasciandosi di nuovo cadere sullo schienale. “Però è strano” aggiunse quasi subito, tornando a sollevarsi.

“Strano che?” domandò Luca che gli stava seduto accanto.

“Quando c’è vento si dovrebbe vedere Torre Astura e addirittura il Circeo.”

“Non sempre” disse Sofia. “Il Circeo si vede bene quando sta per far brutto. Torre Astura, dipende...”

“Dipende da cosa?” domandò Leone, con la testa reclinata da una parte e gli occhi socchiusi, mentre un velo trasparente, luminoso, dalla superficie del mare gli si sollevava di fronte.

“Qui c’è una leggenda” intervenne Luca interrompendo sua madre “perché la torre è quella di Corradino...”

“E cioè?”

“Dal mare non ci si può andare, e nemmeno da terra, perché sotto alla torre, nelle grotte, dicono che c’è un animale...”

“C’è il poligono militare.”

“Non solo.”

“Te lo dice papà” lo rassicurò Leone, cercando, con la mano che gli pendeva dal bracciolo, di raggiungergli le spalle. “Per davvero” ripeté sorridendo, la mano sollevata a mezz’aria. Poi, siccome Sofia non interveniva, nel vuoto che a poco a poco si stava schiudendo, pensando che erano le due



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