Ponzio Pilato. Un enigma tra storia e memoria by Aldo Schiavone

Ponzio Pilato. Un enigma tra storia e memoria by Aldo Schiavone

autore:Aldo Schiavone [Schiavone, Aldo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Einaudi
pubblicato: 2016-01-21T16:00:00+00:00


4. «Dunque tu sei re?»35, tornò a chiedergli Pilato. Doveva essersi sorpreso non poco dei discorsi di Gesú. Al prigioniero non sembrava importasse granché difendersi dalle gravissime accuse che gli erano state contestate dai giudei, ma pareva seguire un suo disegno, per il quale era piú importante approfittare dell’occasione per ribadire e chiarire in modo alto e forte alcuni punti del suo insegnamento, che rendere meno disperata la sua posizione. E d’altra parte Gesú non aveva esitato a usare anche lui quella parola pericolosa: regno. Certo, vi aveva attribuito un significato diverso e spiazzante, ma si trattava pur sempre di un terreno minato rispetto al crimine che gli veniva imputato. Il prefetto ritenne perciò opportuno tornare ancora sull’argomento. Non poteva non farlo, ma vi insiste quasi esitando. Non trae egli stesso le conclusioni; piuttosto invita Gesú a ricavarle per lui. Non allude (almeno in quanto riportato da Giovanni) alla distinzione fra i regni di cui ha appena ascoltato. Essa tuttavia lo ha confuso. In quel «dunque» – oukoun– che introduce la domanda si nasconde un’esitazione evidente. Tutto diventa sospeso. Davvero non è piú un interrogatorio che precede una condanna; è un colloquio in cui Pilato appare sempre piú coinvolto e turbato.

«Tu dici che sono re. Io per questo sono nato, e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza della verità. Chiunque è dalla parte della verità ascolta la mia voce»36, replicò Gesú (la prima parte della risposta – «Tu dici…» – è anche nei Sinottici). L’argomento della regalità è chiuso rapidamente. La domanda viene capovolta su se stessa: che io sia re, sei tu ad affermarlo, e cosí sia. Per Gesú non c’era piú nulla da dire intorno a quella questione: quel che bisognava chiarire era stato già messo in luce.

Poi c’è ancora uno stacco. Gesú sembra cambiare d’improvviso argomento, e anche qui non possiamo dire se la cesura sia dovuta a un’interruzione del resoconto giovanneo, o se davvero, nella sequenza del dialogo, il prigioniero – sempre piú incurante, con l’aperta complicità del suo giudice, di restare nei limiti di quanto gli veniva richiesto, come ci aspetteremmo in un’inquisizione – sia bruscamente passato a parlare d’altro.

Il tema che irrompe cosí nel dialogo è la verità, healetheia. Il problema della regalità era stato Pilato a imporlo. Ora è chiaramente Gesú che si impadronisce delle redini del colloquio. Sta seguendo un filo ben definito. Prima aveva spiegato in che senso egli fosse davvero re, e aveva distinto i due campi, di Dio e di Cesare. Adesso sta dando una sostanza e un contenuto al proprio regno, fissandone definitivamente il primato. Egli è venuto dal suo mondo in quello degli uomini, facendosi uomo egli stesso («per questo sono nato, e per questo sono venuto nel mondo…»), solo per portarvi la verità («per rendere testimonianza della verità»). La connessione con quanto aveva detto prima è inevitabile. Il suo è dunque il regno della verità, cosa che non può dirsi di quello di Cesare. Ecco perché chiunque sia dalla parte della verità non può che seguirlo («ascolta la mia voce»).



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