Il papato nel Rinascimento by Marco Pellegrini;

Il papato nel Rinascimento by Marco Pellegrini;

autore:Marco, Pellegrini; [Pellegrini, Marco ]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Storia, Studi Religiosi, Universale Paperbacks il Mulino
ISBN: 9788815359742
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2020-08-15T00:00:00+00:00


10. Il familismo «carnale» di Alessandro VI

L’elezione del secondo papa Borgia, Alessandro VI (1492-1503)[54], è sempre stata ricollegata alla piaga della simonia, che in effetti nel conclave del 1492 trovò applicazione su di una scala difficilmente eguagliabile. Tuttavia, per spiegare l’evento occorre andare oltre l’incidenza di tale elemento, che fu solo complementare, e guardare all’andamento pendolare delle designazioni papali, piuttosto accentuato in un’epoca di convulse sperimentazioni come il XV secolo[55].

Il comportamento poco edificante di un viveur come il cardinale Rodrigo Borgia non era un mistero per nessuno; né sfuggiva ai più la sua natura volpina, dissimulata dall’eloquio facile e dall’apparenza prestante e fascinosa, che lo rendeva un interlocutore sconsigliabile per qualsiasi controparte. Ma egli aveva avuto l’indubbio merito di distinguersi negli anni precedenti come il più accanito nemico di Giuliano della Rovere, con il quale aveva avuto in concistoro scontri feroci che arrivarono agli insulti. Ovvio che quando la maggioranza del Sacro Collegio si scoprì indisponibile a sancire la troppo facile vittoria di Giuliano, entrato favorito in conclave, la bilancia pendette a favore del Borgia in quanto suo contraltare.

L’affermazione fu comunque laboriosa; e per vincere le titubanze dei confratelli, tornò assai utile a Rodrigo dispensare a piene mani quell’arsenale di vescovadi, commende abbaziali, signorie e castelli che aveva accantonato in oltre un quarantennio di carriera, largamente favorito all’inizio dalla dotazione conferitagli dallo zio Callisto III in ossequio alla consuetudine nepotista. Il macroscopico fattore di svantaggio di cui soffriva, dato dall’assenza di un seguito di cardinali sostenitori, venne da lui aggirato semplicemente comprando un pacchetto di voti precostituito: quello controllato dal cardinale milanese Ascanio Sforza, attratto dalla prospettiva di ricavare per sé il lucroso ufficio di vicecancelliere insieme al più sontuoso palazzo di Roma. Gli indecisi vennero aggregati uno a uno mediante laute profferte; e perfino diversi oppositori, davanti alla sconfitta che si profilava, accorsero a offrire tardivamente il loro voto, certi di rastrellare qualcosa in cambio[56].

La mancanza di un partito cardinalizio a cui appoggiarsi fu una lacuna che si fece sentire anche dopo la sua elezione e che causò buona parte delle imprudenze da lui commesse nella prima fase del pontificato al fine di autoproteggersi. A ossessionarlo furono i minacciosi movimenti di Giuliano della Rovere che, per nulla rassegnato alla sconfitta, agitò l’accusa di elezione simoniaca per tentare di istruire un processo a suo carico con la collaborazione del re di Francia, che invitò a scendere in Italia al fine di dar mano alla riforma della Chiesa romana. La calata di Carlo VIII nel 1494 ebbe dunque anche questo retroscena ecclesiologico, destinato però a non sortire alcun effetto in quanto il sovrano francese, una volta giunto a Roma, preferì accordarsi con Alessandro VI e lasciarlo al suo posto, anziché perdersi in contrattempi che avrebbero ritardato la conquista di Napoli[57].

Nell’ultimo decennio del XV secolo la precarietà del radicamento del papato a Roma, unita alla sua vulnerabilità ai ricatti delle maggiori potenze oltremontane, in primo luogo la Francia, permanevano quali strascichi di una crisi conciliare che ancora non poteva darsi per risolta.



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