Galaxy settembre-ottobre 1960 by vari

Galaxy settembre-ottobre 1960 by vari

autore:vari
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2017-06-12T16:00:00+00:00


VI FU UN GRAN RUMORE e mi svegliai, chiedendomi dove potevo essere capitato. Dopo un momento di perplessità, mi resi conto di essermi addormentato col capo appoggiato al tavolo della cucina: ciò mi aveva procurato un terribile torcicollo.

Mi alzai barcollando, e guardai l’orologio. Erano le nove e dieci. Il rumore continuava. Mi avviai verso la porta d’entrata e l’aprii. La vedova Frye quasi mi cascò fra le braccia, tanto stava battendo con forza alla porta.

«Samuele,» ansimò, «avete saputo quello che è successo?»

«Non ho sentito niente,» dissi, «salvo il baccano che facevate bussando alla porta.»

«Ne hanno parlato alla radio.»

«Sapete benissimo che non ho né radio, né telefono, né TV. Non mi sento portato verso questi apparecchi moderni.»

«Riguarda gli stranieri,» disse. «Come quello che avete voi. Il popolo straniero gentile e comprensivo. Sono dappertutto. In tutti i punti della Terra. Sono moltissimi. Migliaia. Forse milioni…»

Le diedi uno spintone ed uscii per vedere con i miei occhi.

Alcuni erano seduti sui gradini delle case, altri passeggiavano su e giù per la strada, altri ancora giocavano a nascondersi con assoluta incoscienza.

«E’ così dappertutto!» gridò la vedova Frye. «La radio l’ha appena detto. Sono talmente numerosi che ogni singolo abitante della Terra potrà averne uno per sé. Non è meraviglioso?»

Quel Jack, che disgraziato, che imbroglione, dissi a me stesso. A sentire lui erano pochissimi, la sua cultura era così civilizzata ed equilibrata che non vi era posto per gli psicopatici.

A dire il vero non mi aveva detto quanti erano — almeno con precisione. E, probabilmente, tutti quelli che ci aveva mandato sulla terra erano pochissimi a paragone della popolazione totale del suo pianeta.

Improvvisamente pensai a qualcos’altro. Tirai fuori il mio orologio e lo guardai. Erano soltanto le nove e un quarto.

«Vedova Frye,» dissi. «Scusatemi ma devo fare una commissione.» Incominciai a correre lungo la strada più presto che potevo.

Uno dei Wilbur si staccò da un gruppo e incominciò a correre vicino a me.

«Signore,» disse. «Avete qualche dispiacere da raccontarmi?»

«No,» dissi. «Non ho mai dispiaceri.»

«Nemmeno dei piccoli fastidi?»

«Nemmeno.»

Poi mi venne in mente che vi era sì un grosso guaio, non per me solo, ma per tutto il mondo.

Poiché, con tutti i Wilbur che Jack aveva scaraventato sulla terra, entro poco tempo non vi sarebbero più stati psicopatici. Non vi sarebbero più stati guai né dolori. Dio, come sarebbe diventato tutto noioso!

Ma la cosa che mi premeva di più in quel momento era di correre il più presto possibile.

Dovevo arrivare alla banca prima che il Dottore fermasse il pagamento di quell’assegno di settemila dollari.



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