Raccogliamo le vele by Gaia Servadio

Raccogliamo le vele by Gaia Servadio

autore:Gaia Servadio [Servadio, Gaia]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Feltrinelli Editore
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Il mio successivo viaggio in Medio Oriente, nel settembre del 1970, non fu dei più felici. Questa volta iniziai da Amman, pensando poi di passare per Israele evitando il viaggione per Cipro. Avevo con me lettere e dettagli di appuntamenti a Gerusalemme, che in Giordania tenni ben nascosti.

Ma quando arrivai ad Amman, città bruttissima, l’atmosfera era sinistra. C’era stato un tentativo di colpo di stato per rovesciare la monarchia, re Hussein aveva dichiarato lo stato di guerra, aveva cacciato e fatto ammazzare migliaia di palestinesi, i fedayn si erano raccolti attorno a Al Fatah di Arafat, creando gruppi e gruppuscoli. Di tutto questo si sapeva pochissimo, e in un certo senso se ne sa poco ancora oggi perché il re giordano – a cui bisognerebbe fare i complimenti per essere morto nel proprio letto – non voleva reclamizzare la spaccatura con i palestinesi. I quali, del resto, si stavano impossessando della nazione, dalla burocrazia di stato all’esercito, anche per il fatto che i palestinesi sono di gran lunga più intelligenti dei beduini e cioè dei giordani.

Andai a stare all’International Hotel, un cementoso covo di spie con un bar ovale che si dipanava tra bottiglie scolate, appunto, dalla clientela dello spionaggio internazionale, riunita lì a confabulare ogni sera. Pagati dai contribuenti dei vari stati, questi tipi, misogini e beoni al massimo, si scambiavano informazioni come fanno i corrispondenti dei giornali, quelli pigri che non si muovono mai dal loro ufficio. E tu che mandi stasera? Cosa ci metti? Nulla a che vedere con James Bond, erano brutti, grigi, calvi, polverosi, perlopiù omosessuali, e soprattutto mal informati. La cosa terrificante è che spesso il destino di molti dipende da personaggi di questo tipo.

Al bar avevo appuntamento con Gavin Young dell’“Observer”, un arabista che lavorava per l’appunto per l’MI6, amico di Mary McCarthy e Sonia Orwell, un bellone, in combutta con lo shah contro i curdi. E anche pericoloso.

Volevo capire da lui che cosa stava succedendo. Mi consigliò di prendere un taxi e di fare un giro dei gruppuscoli, da Settembre Nero a Al Fatah. Aggiunse che lui non poteva farsi vedere in mia compagnia perché ero bollata come pro-israeliana – l’informazione poi veniva da lui stesso, scoprii; volevo da lui un nominativo che mi aiutasse a passare il ponte Allenby evitando di andare a Cipro. Mi diede un nome, Ma non dire che viene da me.

Andare da una tana all’altra dell’Olp fu abbastanza pauroso, e anche comico in un certo senso, perché invece di fare io domande dovevo convincere questi baffutissimi e tenebrosi uomini armati fino ai denti che non ero una spia. Figuratevi se mandano in giro una bionda, dicevo, troppo ovvio. Spesso volevano soldi e io non sapevo che cosa domandare loro. Del resto non mi dissero nulla sulla situazione di guerra civile, che allora era ignorata dall’informazione. Decisi che me ne sarei andata per conto mio, e a gesti persuasi un tassista a portarmi a Petra e nel Wadi Rum, dove David Lean aveva girato parte di Lawrence d’Arabia.



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