Riservatezza by Stefano Rodotà

Riservatezza by Stefano Rodotà

autore:Stefano Rodotà [Rodotà, Stefano]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Treccani
pubblicato: 2021-02-11T23:00:00+00:00


RISERVATEZZA

RISERVATEZZA E PRIVACY

Il termine “riservatezza” è entrato ormai stabilmente nel linguaggio giuridico: adoperato prima dagli studiosi1 e poi dalla giurisprudenza (Cassazione civile, nr. 1557 del 5 aprile 1978; Corte costituzionale, nr. 38 del 12 aprile 1973), è stato infine accolto nella legislazione (art. 6, l. nr. 300 del 20 maggio 1970, con riferimento ai soli lavoratori; e, in via generale, art. 1, l. nr. 675 del 31 dicembre 1996). Prima di quest’ultima legge, già l’art. 615-bis del Codice penale, introdotto dalla l. nr. 98 del 8 aprile 1974, aveva vietato, sempre in generale, le interferenze illecite nella “vita privata”, attribuendo a questa espressione (corrente in altri paesi, come la Francia) un significato sostanzialmente identico a “riservatezza”; e l’art. 10 della legge di riforma della polizia (nr. 121 del 1° aprile 1981) aveva introdotto una sia pur circoscritta tutela generale dei dati personali.

Il primo, sostanziale riconoscimento legislativo della riservatezza, comunque, si trova nella l. nr. 300 del 20 maggio 1970 (Statuto dei lavoratori), che disciplina rigorosamente una serie di comportamenti dell’imprenditore che incidono sulla sfera privata dei lavoratori, dall’uso di impianti di controllo a distanza agli accertamenti sanitari, alle visite di controllo. La norma più significativa, tuttavia, è contenuta nell’art. 8, che vieta le indagini sulle opinioni politiche, religiose e sindacali dei lavoratori, individuando così una categoria di dati personali che, insieme ad altri, saranno poi qualificati “sensibili” (art. 22, l. nr. 675 del 31 dicembre 1996) e quindi tutelati in maniera particolarmente rigorosa. Si coglie qui un paradosso singolare e rivelatore. La privacy (come ormai si usa dire nel linguaggio corrente), tradizionalmente indicata come diritto tipico della borghesia, entra nell’ordinamento giuridico italiano attraverso una speciale tutela accordata ai diritti della classe operaia.

La privacy si libera così della sua vicenda d’origine, e si sottrae quindi all’inevitabile declino al quale, secondo alcuni, era condannata dall’avvento di una società pluriclasse. Tutto ciò avviene per effetto della sempre più pervasiva diffusione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, che rendono maggiormente agevole la raccolta e la gestione di banche dati che trattano le più diverse informazioni personali. Definendosi la nostra appunto come “società dell’informazione”, il tema della privacy era destinato ad assumere un’importanza centrale. Anche se si respinge, com’è giusto, una riduzione dell’individuo alle sue informazioni, è ormai del tutto evidente che lo statuto giuridico dei dati personali contribuisce a definire il carattere delle relazioni interpersonali e sociali e a presentarsi come un elemento della stessa cittadinanza, tanto che da anni ormai si sottolinea la necessità di un Information Bill of Rights, di una dichiarazione dei diritti dell’informazione, con una suggestione che alcune costituzioni (come quella spagnola) hanno già raccolto, collocando la privacy tra i diritti fondamentali dell’uomo.

Nasce da qui un nuovo e complessivo statuto delle informazioni personali, la cui tutela è in primo luogo affidata a poteri direttamente esercitabili dagli interessati, che diventano così pienamente titolari del diritto sui dati che li riguardano: questa è l’indicazione della direttiva 95/46 dell’Unione europea, vincolante per tutti gli Stati dell’Unione. Si attua così una sostanziale redistribuzione di



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