Stelle per pianeti by Alessio Parmigiani

Stelle per pianeti by Alessio Parmigiani

autore:Alessio Parmigiani [Parmigiani, Alessio]
La lingua: ita
Format: epub
editore: NN Editore
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


otto

Tutto sbiadisce

Era la notte di Capodanno. Gabs e Tommaso avevano piazzato due amplificatori all’ingresso di casa, accanto ai gradini. C’era una tavolata lunga in giardino, tovaglia da picnic, alcol di ogni tipo – birre, rum, gin, vodka. Tre o quattro Coca-Cola, niente acqua. Un tempo c’erano vasi di fiori, cespugli con le foglie dure, tutto curato da Leandra. Adesso solo piante appassite.

Sarim era in ritardo, come al solito. Io avevo convinto Francesca a venire e c’eravamo presentati poco dopo. Le tenevo la mano davanti al cancello arrugginito, mentre lei si scioglieva i capelli. Mi disse: «Fino a mezzanotte».

«Fino a mezzanotte» dissi «poi andiamo».

Avevo subito visto Alberto parlare con un ragazzo brizzolato, le rughe marcate (come quelle dei marinai) sulle guance. Poi era sbucato suo cugino: molto alto, magro al punto da vedergli gli zigomi fini. C’erano ex compagni di liceo, ex compagni delle medie, ex amici con cui pensavo che Gabs non parlasse da anni. Tra tutti quegli ex non c’era Chiara.

Ai confini del giardino, Tommaso ed Elena erano appiattiti sul muro della casa come due graffiti. Se ne stavano in disparte. La faccia di Elena era meravigliata. Per lei era la prima festa. La prima volta lì. Ufficialmente, credo fosse la prima volta per tutti i presenti – eccetto me. Nessuno era mai venuto a casa di Gabs, e quella festa era stata la prima in assoluto, complice l’assenza di Leandra. C’era gente che si era rifiutata di venire per superstizione. Per paura di inciampare nella tristezza di quel posto e rovinarsi l’anno nuovo.

Quando entrai, Tommaso ed Elena mi corsero incontro, intercettandomi prima di essere investito da rapide di persone di cui faticavo a ricordare i nomi.

«Grazie, Leo, davvero... grazie per essere venuti» mi disse Tommaso. Le sopracciglia serene, alte, mi diedero il benvenuto.

«Sarim è arrivato?».

«Non ancora. Però quel coglione di Alberto s’è presentato per primo».

Francesca disse: «Fantastico». Poi si rivolse a Tommaso: «Tu sei lo Sciutti simpatico?».

Le guance gli maturarono come due mele. Aveva abbassato lo sguardo.

«Sì» disse Elena «è proprio lui».

Elena era sgattaiolata via dalla festa parrocchiale di fine anno. Aveva detto alla nonna Agata che non si sentiva bene e lei, impegnata nella preghiera del buon anno, gli aveva detto pure di andare a riposarsi. Era passata da casa, si era cambiata, s’era intrecciata i capelli. Si era pure truccata e aveva esagerato sulle palpebre. Era un misto tra una principessa e la vocalist di una band metal. Ci teneva a essere bella, lo si vedeva. Ci teneva a essere lì.

«Dov’è Gabri?» chiesi.

«Là in mezzo».

«Sa che venivamo?».

«Sì» disse Tommaso «ha detto che potevo invitare chi volevo».

Presi Francesca per mano e ci facemmo spazio tra le persone. Persone che ci salutavano, che ci fermavano, «Come stai?», «Cosa fai adesso?», «Non ti ho più visto in giro». Era come un fiume di anime nelle rappresentazioni dell’inferno, con le mani protese, che cercano di salire sulla barca e portarti via con loro.

C’eravamo smarcati velocemente fino a raggiungere la lunga tavolata. Gabs stava bevendo un rum e cola, whiskey e cola, o qualsiasi alcolico con cola.



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