Taking Woodstock by Elliot Tiber

Taking Woodstock by Elliot Tiber

autore:Elliot Tiber [Tiber, Elliot]
La lingua: eng
Format: epub
pubblicato: 2010-12-22T23:00:00+00:00


Durante quella prima settimana dall'arrivo di Mike Lang, il mio mondo subì una specie di bizzarro riallineamento cosmico.

Tutti i miei schemi mentali, tutte le mie idee sul possibile e l'impossibile all'improvviso si rimodularono. E fu un bene, perché il vecchio Elliot Tiber non avrebbe mai saputo gestire quello che stava per accadere.

8

La prima ondata

Era il 18 luglio, un venerdì. Mi svegliai al suono dei clacson che strombazzavano, delle voci festose della gente e delle motociclette che sgasavano. Mi rigirai nel letto, con gli occhi ancora socchiusi e mezzo addormentato. «Che cosa sta succedendo?» domandai ad alta voce. Mi vestii e mi incamminai in direzione della 17B, dove vidi uno spettacolo incredibile. Una catena umana ininterrotta che, a piedi o con i mezzi più improbabili, arrivava a Bethel. Centinaia di persone camminavano di fianco ad auto che procedevano lentamente. Molti erano stivati in camioncini, altri in sella alle loro moto. Alcuni furgoncini erano dipinti con colori fluorescenti; sfumature di rosa, verde, arancione e blu. Tantissimi erano i simboli della pace e gli slogan contro la guerra: «Fate l'amore, non la guerra», «Flower Power», «Amore libero», «Incoraggiamo il nudismo tra il popolo dei fiori», «Potere alla gente», «Birra alla spina», «Dichiariamo illegali le mutande» e «La fata turchina è ricercata dal Fbi». Parecchi veicoli avevano sulla fiancata disegni sgargianti. sullo stile della copertina di Sergeant Pepper. Ce n'erano altri che lodavano gli effetti benefici sulla mente degli allucinogeni: «J. Edgar Hoover ha bisogno di una dose di Orange Sunshine!» un tipo particolare di Lsd.

C'era musica a tutto volume in ogni macchina. Le voci di Janis Joplin, Jim Morrison, dei Beatles, di Bob Dylan uscivano da radio e cassette Superò, come ondate di gioia irrefrenabile e libertà assoluta. Hippy con capelli lunghissimi e t-shirt coloratissime si sporgevano dai finestrini e salutavano. I cittadini di White Lake si erano assiepati lungo tutta la 17B e assistevano a quella parata confusi e intimoriti. A un certo punto una donna gridò allegramente a un abitante del posto: «Siamo qui, dolcezza! Andiamo a festeggiare!».

Da quel momento in poi arrivarono a migliaia per partecipare al Festival di musica e arte di Woodstock. Il flusso del traffico, diretto diligentemente per ore da mio padre fermo all'incrocio delle statali 17B e 55, era qualcosa di mai visto prima, e sembrava infinito. All'inizio, si contò che arrivassero a Bethel circa un migliaio di persone al giorno, e che, a quel ritmo, sarebbe stata rispettata la previsione, cioè avremmo avuto dai trentacinquemila ai cinquantamila spettatori. Ma mancava ancora un mese al 15 agosto, giorno di apertura del festival, e tutti quanti sapevano che quelle cifre sarebbero salite a dismisura. Solo che nessuno poteva prevedere quanto.

Intanto al motel ogni camera, perfino quelle con i divisori, e ogni spazio, semiprivato o non-proprio-privato, erano stati affittati. Per la prima volta in vita mia il denaro non era un problema. Quello di cui avevamo bisogno era un po' d'aiuto, e grazie a dio c'era gente ovunque, abile e volonterosa. Assunsi venti ragazzi per pulire le camere, lavare la biancheria, cucinare, servire a tavola, stare al bar, preparare panini e falciare l'erba.



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