Teoria generale della politica (2014) by Norberto Bobbio

Teoria generale della politica (2014) by Norberto Bobbio

autore:Norberto Bobbio [Bobbio, Norberto]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Einaudi
pubblicato: 2014-02-14T23:00:00+00:00


Parte quarta

La democrazia

Capitolo settimo

Democrazia: i fondamenti

I.

LA DEMOCRAZIA DEI MODERNI PARAGONATA A QUELLA DEGLI ANTICHI

(E A QUELLA DEI POSTERI).

La differenza fra la democrazia degli antichi e quella dei moderni è diventata ormai un tema di scuola, non meno di quello celeberrimo di Benjamin Constant sulla libertà. E come questa, riguarda tanto l’uso descrittivo della parola quanto il suo uso valutativo. Tra la democrazia degli antichi e quella dei moderni spiccano infatti due differenze, l’una analitica, l’altra assiologica 1.

Nel suo uso descrittivo, per democrazia gli antichi intendevano la democrazia diretta, i moderni, la democrazia rappresentativa. Quando noi parliamo di democrazia la prima immagine che ci viene alla mente è la giornata delle elezioni, lunghe file di cittadini che aspettano il loro turno per gettare la scheda nell’urna. Caduta una dittatura, si è instaurato un regime democratico? Che cosa ci mostrano le televisioni di tutto il mondo? Un seggio elettorale e l’uomo qualunque, o il primo cittadino, che esercitano il proprio diritto o compiono il proprio dovere di eleggere chi dovrà rappresentarli.

Insomma, il voto con cui si suol far coincidere l’atto rilevante di una democrazia d’oggi è il voto non per decidere ma per eleggere chi dovrà decidere. Quando descriviamo il processo di democratizzazione avvenuto lungo il secolo scorso nei diversi paesi che oggi si chiamano democratici, ci si riferisce all’allargamento progressivo, piú rapido o piú lento secondo i diversi paesi, del diritto di eleggere i rappresentanti, oppure all’estensione del procedimento elettivo in parti dello stato, come la Camera alta, in cui i membri erano abitualmente nominati dal sovrano. Niente di piú. Uno dei maggiori teorici della democrazia moderna, Hans Kelsen, considera elemento essenziale della democrazia reale (non di quella ideale, che non è in nessun luogo) il metodo della selezione dei capi, ovvero l’elezione. Esemplare, a questo proposito, tanto esemplare da sembrare inventata, l’affermazione di un giudice della Corte suprema degli Stati Uniti in occasione di un’elezione del 1902: «La cabina elettorale è il tempio delle istituzioni americane, ove ognuno di noi è un sacerdote, cui è affidata la cura dell’arca dell’alleanza e ognuno officia dal proprio altare». Che poi coloro che vi entrano non siano sempre la maggioranza, è cosa che accade in tutte le chiese.

Per gli antichi l’immagine della democrazia era completamente diversa: parlando di democrazia essi pensavano a una piazza oppure a un’assemblea in cui i cittadini erano chiamati a prendere essi stessi le decisioni che li riguardavano. «Democrazia» significava quel che la parola designa letteralmente: potere del démos, non, come oggi, potere dei rappresentanti del démos. Che poi il termine démos, inteso genericamente come la «comunità dei cittadini», fosse definito nei modi piú diversi, ora come i piú, i molti, la massa, i poveri contrapposti ai ricchi, e quindi democrazia fosse definita ora come potere dei piú o dei molti, ora come potere del popolo o della massa o dei poveri, non modifica in nulla il fatto che il potere del popolo, dei piú, dei molti, della massa o dei poveri, non era quello di eleggere chi avrebbe



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