Tesi di filosofia della storia by Walter Benjamin

Tesi di filosofia della storia by Walter Benjamin

autore:Walter Benjamin
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mimesis Edizioni
pubblicato: 2012-04-09T16:00:00+00:00


Il capitalismo come religione

(ca. metà 1921)

Nel capitalismo bisogna scorgere una religione, vale a dire che il capitalismo serve essenzialmente a soddisfare quelle medesime preoccupazioni, quei tormenti, quelle inquietudini, cui in passato davano risposta le cosiddette religioni. Oggi, dimostrare questa struttura religiosa del capitalismo, non solo, come pensava Weber, in quanto prodotto religiosamente condizionato, bensì come fenomeno essenzialmente religioso, condurrebbe ancora sulla cattiva strada di una polemica universale smisurata. Non riusciamo a stringere la rete dentro la quale ci troviamo. In futuro, però, ne avremo una visione complessiva.

Già nel presente, tuttavia, sono riconoscibili tre aspetti di questa struttura religiosa del capitalismo. In primo luogo, il capitalismo è una pura religione cultuale, forse la più estrema che sia mai esistita. In esso, tutto ha significato solamente e direttamente in relazione al culto, esso non conosce alcuna dogmatica specifica, alcun teologia. Da questa prospettiva, l’utilitarismo ottiene la sua sfumatura religiosa. Da questa concrezione del culto consegue un secondo aspetto del capitalismo: la durata permanente del culto. Il capitalismo è la celebrazione di un culto sans rêve et sans merci.[20] In esso non v’è “giorno lavorativo”‹,› non v’è giorno che non sia un giorno festivo nel tremendo significato del dispiegamento di tutte le pompe sacrali‹,› dell’estremo sforzo di chi lo venera. In terzo luogo, questo culto colpevolizza/indebita.[21] Il capitalismo, si presume, è il primo caso di un culto che non toglie il peccato, ma genera colpa/debito. Perciò questo sistema religioso precipita in un movimento immane. Un’immane coscienza della colpa, che non sa togliersi il peccato, ricorre al culto non per espiare in esso questa colpa, ma per renderla universale, inculcarla nella coscienza nonché, infine e soprattutto, per includere Dio stesso in questa colpa‹,› interessandolo perché, alla fine, tolga il peccato. Non bisogna tuttavia aspettarsi che ciò avvenga nel culto medesimo o nella riforma di questa religione, riforma che dovrebbe potersi reggere a qualcosa di sicuro in essa, e nemmeno nel rifiutarla. Pertiene all’essenza di questo movimento religioso, che è il capitalismo, il perdurare sino alla fine‹,› sino alla definitiva, completa colpevolizzazione di Dio: la raggiunta condizione di disperazione del mondo, nella quale addirittura si spera. L’aspetto storicamente inaudito del capitalismo risiede nel fatto che la religione non è più riforma dell’essere, bensì la sua frantumazione: la dilatazione della disperazione a condizione religiosa del mondo, dalla quale bisogna aspettarsi la salvezza. La trascendenza di Dio è caduta. Egli però non è morto, è coinvolto nel destino umano. Questo passaggio del pianeta uomo attraverso la casa della disperazione, nell’assoluta solitudine della propria orbita, è l’ethos che caratterizza Nietzsche. Quest’uomo è il superuomo, il primo che, riconoscendo la religione capitalistica, comincia ad adempierla. Il suo quarto aspetto è che il suo Dio deve venire occultato e solo allo zenith della sua colpevolizzazione ci si può rivolgere a lui. Il culto viene celebrato davanti a una divinità immatura: ogni rappresentazione, ogni idea di essa lede il mistero della sua maturità.

Anche la teoria freudiana appartiene alla ierocrazia che governa questo culto. Essa è pensata in termini del tutto capitalistici.



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