Un altro mondo è possibile? by Sconosciuto

Un altro mondo è possibile? by Sconosciuto

autore:Sconosciuto [Sconosciuto]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Filosofia
editore: Rubbettino Editore
pubblicato: 2023-03-09T15:30:30+00:00


Brevi riflessioni interculturali sui diritti umani

Le vicende attuali hanno posto sempre più in primo piano, da un lato, la grande questione della democrazia (e della sua crisi) – a fronte di tanti paesi nel mondo che sembrano lontanissimi da svolte democratiche nel senso occidentale – e quindi nuovamente il problema della sua esportabilità – e se sia giusto cercare di insistere in questa direzione sulla base del presupposto che essa abbia un valore universale che tutti dovrebbero abbracciare, indipendentemente da differenze storiche, culturali, filosofiche, cioè dai vari contesti del mondo.

Dall’altro, il tema, intrecciato con la prima questione, dei diritti umani: anche in questo caso, sono essi, così come noi li abbiamo formulati e li intendiamo oggi, universali?

Per esigenze di brevità e per non appesantire questo piccolo libro – il discorso sulla democrazia è veramente complesso e impegnativo e qui, al di là delle pagine dedicate al concetto di “politica”, non è mia intenzione addentrarmi ulteriormente nelle classiche tematiche della Filosofia politica – mi limiterò a qualche riflessione etico-filosofica generale sull’ultimo problema, rimandando per il primo e anche per approfondimenti sul secondo a studi miei e di altri in bibliografia.

Metterò in luce un solo punto.

Nel 1994 esplose una polemica che ha contrapposto e contrappone ancora, spesso anche su un piano politico e giuridico strumentale, il concetto di Human Rights («diritti umani») a quello di Asian Values («valori asiatici»). L’allora premier di Singapore, Lee Kuan Yewad, e il premier malese, Mahathir Mohamad, fecero delle dichiarazioni in cui contestavano, appunto, la presunta universalità della concezione dei cosiddetti «diritti umani».

Con quale idea precisa di umanità abbiamo a che fare, vista la compresenza di tradizioni e orizzonti culturali differenti costretti, nel mondo globalizzato, a negoziare validi criteri di coabitazione?

Non è questione di «scontro di civiltà», né tanto meno di sostenere la superiorità di un modello su un altro, ma di intendere innanzitutto che il concetto di diritto umano universale, per come è stato formulato, appartiene ad una categoria interpretativa formatasi in Occidente.

Già appare eloquente che i due leader asiatici contrappongano il primato dei “valori”, a quello dei “diritti”, ma c’è qualcosa di più originario che per essere compreso ha bisogno di un’ermeneutica diatopica, si è visto, e dell’ermeneutica contestuale, che abbiamo menzionato citando alcuni testi di Betancourt.

L’espressione «diritti dell’uomo» riporta immediatamente ad un percorso occidentale che forse inizia con il Bill of Rights del 1689 e poi prosegue in varie tappe (Dichiarazione d’indipendenza Usa del 1776, Dichiarazione francese dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789, la Carta atlantica del 1941) per culminare nel 1948 con la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo adottata dall’ONU, e varie estensioni dal 1970 ai giorni nostri.

Ma ascoltiamo la domanda radicale di Panikkar:

Si proclama che i diritti dell’uomo sono universali. Questa sola affermazione dà luogo ad un interrogativo filosofico di fondamentale importanza: ha senso chiedersi se ci sono le condizioni dell’universalità quando la questione stessa delle condizioni dell’universalità è lungi dall’essere una questione universale? È possibile estrapolare la nozione di diritti dell’Uomo dal contesto e dalla cultura e dalla storia



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