Un'idea di Dante by Gianfranco Contini

Un'idea di Dante by Gianfranco Contini

autore:Gianfranco Contini [Contini, Gianfranco]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788806446369
editore: Einaudi
pubblicato: 1976-06-14T22:00:00+00:00


[Dalla stampa di Verona, Editiones Officinae Bodoni, 1968, delle Rime di Guido Cavalcanti].

Sul XXX dell’Inferno

Entro quali confini sia legittima la tradizione esegetica che ipostatizza i canti singoli della Commedia, sarebbe scarsa discrezione determinare proprio in questa sede. Basti bene in generale la certa opportunità didattica. Ma il caso specifico del canto che qui si propone, incorniciato com’è fra gli exempla dell’esordio e il proverbio o sententia communis della peroratio (per cui il padre Berthier può arrecare un puntuale riscontro da Bernardo: «Audire quod turpe est, pudori maximo est»), mentre nel suo centro appende un animato svolgimento episodico a un personaggio primario, se trova un’unità esterna nell’obbedienza alle più autorevoli norme della retorica42, per quella che con mirabile invenzione concettuale e linguistica si chiama modernamente la «struttura», porge un’economica e sistematica occasione all’insorgenza della fantasia, presso Dante di sua essenza varia e in tono plurale. Per questo motivo e, si può dir sùbito, per l’inaudito appiattimento storico di cui esibisce prova, è consentito leggere il trentesimo dell’inferno quasi esemplare dell’intero poema.

L’attacco, non per nulla segnato da un’unità sintattica insolitamente estesa43, vale sicuramente come un inizio assoluto, di cosa autonoma: conveniente cesura innanzi alla subitaneità della nuova apparizione. E allora, conforme all’expolitio che è principio dell’ornatus difficilis, una luce indiretta è anticipata dalla doppia similitudine mitologica: preparando, ma anche filtrando culturalmente e placando nel lungo dire, l’avvento di quell’alienazione bestiale. Forniscono i motivi l’immanità di Tebe e l’umiliato orgoglio («superbo Ilïòn») di Troia: due corni ben specificati (cioè già «moralizzati» in quei due accenti psicologici) della materia antica, che, se Dante non li congiunge altrove, correvano paralleli fino dall’opera di Stazio, e più s’erano accostati nella cultura francese di un secolo e mezzo innanzi, coi romanzi di Thèbes e Troie. In concreto tuttavia il repertorio di Dante qui seguita a essere Ovidio: che, emulo superato nella bolgia dei ladri («Taccia di Cadmo e d’Aretusa Ovidio»), ancora al canto precedente gli aveva mediato quest’«ultima chiostra / di Malebolge» nella luce della peste d’Egina. Nell’evocare il fratello d’Issione oserei perfino presumere che non citasse a memoria, ma col libro sotto gli occhi. Identico il grido del forsennato (Met. IV 513-14: «Io, comites, his RETIA TENDITE silvis! Hic modo cum gemina visa est mihi prole leaena»); identico il massacro del pargoletto (518-19: «more ROTAT fundae, rigidoque infantia SAXO Discutit ora»), dove sasso addirittura suona più improprietà che latinismo importuno (lo si veda, a contrasto, opportunissimo nel «sasso di monte Aventino» o nel «crudo sasso intra Tevero e Arno»); identica la parafrasi che designa l’innominato Melicerta, «l’altro incarco» (529-30: «seque super pontum… Mittit ONUSque suum»). Ma che si tratti di derivazione subita, mostra soprattutto un indizio interno, l’andatura prosaica dell’elocuzione: l’allusione rattratta al motivo di quella demenza, l’ira di Giunone (benché, da causa tramutata in circostanza, dia ansa alla bella, e poi liricamente invalsa, formula «Nel tempo che…»); quella, ancor più sbrigativa e impaziente, alla precedente aneddotica ovidiana («una e altra fiata»); la tediata andatura di glossema («l’un che avea nome Learco»), proprio in occasione di



scaricare



Disconoscimento:
Questo sito non memorizza alcun file sul suo server. Abbiamo solo indice e link                                                  contenuto fornito da altri siti. Contatta i fornitori di contenuti per rimuovere eventuali contenuti di copyright e inviaci un'email. Cancelleremo immediatamente i collegamenti o il contenuto pertinenti.