Virginia Woolf e i suoi contemporanei by Liliana Rampello (a cura di)

Virginia Woolf e i suoi contemporanei by Liliana Rampello (a cura di)

autore:Liliana Rampello (a cura di) [Rampello, Liliana]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2017-11-14T23:00:00+00:00


William Plomer

Entrambe avevano una curiosità insaziabile per i loro simili, amavano il pettegolezzo (non nel senso dispregiativo della parola) e la capacità di essere divertite e sorprese che si accompagna a quella virtù. Nell’esercizio di questa curiosità, la diversità del loro approccio era tanto sorprendente quanto la diversità dei loro profili. Ottoline faceva le domande più personali, non in modo prepotente, ma senza il minimo scrupolo, alla maniera di un signore feudale che ha il diritto di sapere ciò che vuole sapere. (Dal momento che alla maggior parte delle persone piace parlare di se stesse a un ascoltatore comprensivo, spesso otteneva ciò che voleva.) L’approccio di Virginia era meno diretto e più ingegnoso. Con inventiva deliziosa e giocosa, improvvisava spesso una fantasia ironica sulla vita e le abitudini della persona alla quale stava parlando ed era probabile che questo facesse nascere proteste e negazioni e spiegazioni che facilitavano una confessione. Ottoline, meno vulnerabile e meno perspicace, poteva andare d’accordo con Tom, Dick e Harry, mentre Virginia qualche volta spaventava con il suo distacco o la sua asprezza, di cui ognuno poteva soltanto incolpare la propria goffaggine; ma stando per ore in compagnia di un individuo che, come lei stessa ammetteva dopo, le provocava emozioni alterne, rabbia, riso o letteralmente noia, non dava segno delle prime due, ma soltanto di una debole traccia dell’ultima – che in ogni caso è la più difficile delle tre da nascondere.

Il fatto che sia nella vita sociale sia nei suoi libri non facesse nessuna concessione al volgo, non sostenesse nessuna forma di comprensione banale o non piazzasse trappole per guadagnare popolarità, ha probabilmente contribuito a creare fra i meno informati, che ancora esistono, la leggenda di lei come intellettuale snob, fragile e altezzosa, rinchiusa in una torre d’avorio a Bloomsbury, assolutamente distante dalle persone «comuni» o «normali» (chiunque esse siano). La leggenda è del tutto falsa e non vale la pena di confutarla: in ogni caso il termine «Bloomsbury», come insulto, ha avuto origine dall’invidia e dall’ignoranza, era quasi senza significato e oggi è banale e privo di senso. Se Virginia ha vissuto in una torre d’avorio, era piena di finestre ed era molto ospitale, e lei stava tanto spesso fuori quanto dentro. La sua vita era ricca di esperienze di persone e luoghi, e la sua indole, come capita talvolta a chi è fortemente inquieto e ha una tendenza alla malinconia, era geniale. Un biografo, ben lungi dal dover fare la cronaca della vita di una reclusa, potrebbe essere imbarazzato dalla ricchezza del proprio materiale. Pensate, per esempio, a Virginia da ragazza, sicura di sé, che va in automobile a un ballo in una casa altolocata, con un modesto filo di perle («ma di quelle vere»); Virginia che impara il greco con Clara Pater, la sorella di Walter, a Canning Place, in uno scenario di porcellane blu, gatti persiani e carta da parati di Morris; la Dreadnought Hoax,* una delle più grandi burle al mondo; Virginia che fa il bagno con Rupert Brooke, dalle



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