Vita di Ugo Foscolo by Pellegrino Artusi

Vita di Ugo Foscolo by Pellegrino Artusi

autore:Pellegrino Artusi [Artusi, Pellegrino]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Nostos
pubblicato: 2021-06-14T22:00:00+00:00


Alla Donna gentile.

Hottingen, 5 dicembre 1815.

Sperava di poterti scrivere da più giorni; ma da più giorni sono a letto per un accidente che quasi mi ha tolto la vita, e che senza quasi mi torrà per più mesi le forze: ed è la seconda volta che mi succede; la prima, per colpa mia e per imperizia del mio carnefice, questa volta da sè. Dio m’avea mandato il freddo secondo i panni, perchè da quando mi son messo in viaggio, non mi sono mai risentito di neppur una delle infermità che annoiavano la mia vita a Firenze: ma tu, cara amica, le consolavi; e torrei volentieri di avere di nuovo quelle mie malattie, purchè fossi nel tuo caro paese, e ti rivedessi seduta presso il mio letto. L’unica noia che mi minacciò, fu il mal d’occhi; e poichè le cure passate non giovavano, ho voluto motu proprio scrivere una ricetta di sanguette, e me ne son fatte applicar due dentro le narici. Ma il barbiere (qui barbitonsore e chirurgo sono tutt’uno, aggiungi alle volte anche boia), benchè avvertito e riavvertito da me, si lasciò guizzare di mano una di quelle bestiuole. La s’attaccò ad una venuccia sul collo delle narici: la staccai con troppa fretta e lacerai la vena; ed ho perduto tanto sangue, che senza quaranta giorni di bagnature a Baden d’Argovia, ora forse non potrei reggermi in piedi. Questo avvenne sul finire d’Agosto; e come allora io, dopo quasi dieci ore di sangue perduto, non a goccia, ma a pioggia, l’abbia fatto ristagnare fu cosa miracolosa in questi luoghi, dove, veggendosi a mezzo luglio la neve sulle montagne, non si usa ghiaccio nelle emorragie e non s’hanno ghiacciaie; e spesso alcune sciagurate che si sconciano per vergogna, muoiono dissanguate per ignoranza di sì potente rimedio; ma di ciò ti scriverò, potendo, una lunghissima storia. Per allora, dopo i bagni, guarii della debolezza e degli occhi. Ma, sia la mia dieta, alla quale mi sono appigliato per elezione e per necessità, sia la tristezza nella quale, dopo il freddo e la oscurità della stagione, io tutto solo mi rodo, il sangue tornò a spicciare da sè dopo due mesi e di notte. La neve che è ghiacciata all’uscio del mio tabernacolo, mi giovò a rattenere il sangue; non però mi liberò dalla debolezza, e da una febbre lentissima, malinconica, alla quale non do molto retta, benchè mi venga sul labbro certo versetto di San Paolo (a Timoteo, se ben mi ricordo): ecco sarò sacrificato, e il giorno della mia pellegrinazione sta per finire.»



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