Dieci Donne by Serrano Marcela

Dieci Donne by Serrano Marcela

autore:Serrano Marcela
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788807018428
editore: Feltrinelli
pubblicato: 2012-10-28T00:00:00+00:00


LUISA

Mi chiamo Luisa.

Vengo dal Sud, da un paese attraversato dal fiume Itata, nella provincia di Ñuble. Vorrei parlare solo di lui, Carlos.

Sono nata in campagna, sono figlia di contadini e se non fosse stato per il Carlos sarei rimasta laggiù. Mio padre lavorava in una tenuta agricola. Ho avuto molti fratelli, alcuni di loro sono morti, adesso siamo rimasti in cinque. A quei tempi, in campagna, i bambini morivano subito dopo il parto. Nessuna donna riusciva a tirar su tutti i figli che partoriva. E nessuno sapeva leggere e scrivere. Adesso le cose sono cambiate molto. Insomma, è passato tanto tempo.

Ormai sono vecchia, ho sessantasette anni compiuti.

Abitavamo in capo al mondo, ma nessuno sano di mente a quell’epoca voleva stare nel centro, con tutto quello che succedeva. Io sono andata a scuola, ma non ho imparato molto.

D’inverno non ci potevamo andare, con il fango e la pioggia, e il maestro mancava spesso. Ci mettevano tutti nella stessa aula, ce n’erano solo due, noi bambini non avevamo tutti la stessa età ma c’insegnavano le stesse cose. (Un giorno il padrone ha chiesto all’Ernani, uno dei contadini che lavoravano con mio padre, se il suo nome si scriveva con l’acca e lui ha risposto di no, l’acca è roba da ricchi, a che ci serve a noi l’acca?) Ho lasciato la scuola per lavorare, aiutavo la mamma nell’orto e il papà con gli animali. C’erano solo mucche, mucche e torelli. Anche qualche cavallo, tutti del padrone a parte il Tai, che invece era di mio padre, nero e bello, il Tai, e un sacco di libellule, mosconi, tafani, che dopo un po’ mi riconoscevano e non mi pungevano più. Le bisce laggiù erano magre e non tanto lunghe, ma non ti facevano niente. Anche i ragni pelosi, che li trovavamo sempre nei campi, facevano dei buchetti nella terra e s’infilavano dentro e i miei fratelli li tiravano fuori dai loro nascondigli e li chiudevano in un barattolo, erano molto brutti ma anche loro non ti facevano niente, proprio come le bisce. Non era pericolosa, la campagna.

Per me la cosa più bella era sentire il vento del Nord. Mi piaceva farmi accarezzare il viso. Lo aspettavo e lo aspettavo, e quando finalmente arrivava mi sembrava che veniva a trovare me. Quando andava via, le foglie degli alberi erano lucide per la pioggia. La mia casa era vicina a uno stagno. Un paio di volte noi bambini ci siamo caduti dentro, ma non era profondo, lo stagno.

L’acqua era pulita. A casa nostra giravano sempre un sacco di cani. Nessuno sapeva da dove venivano né dove andavano quando si allontanavano, e a volte mia madre brontolava che non aveva niente da darci da mangiare. Erano tutti bastardini. I miei preferiti erano il Niño e il Battaglia.

Il primo era piccolo, color caffellatte, come un budino con i savoiardi, e aveva le orecchie corte e le zampe tozze. Il pelo del Battaglia invece era lungo, con delle macchie marroni e altre rosse, sembrava quasi elegante, perché era anche alto.



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