I lupi dentro by Edoardo Nesi

I lupi dentro by Edoardo Nesi

autore:Edoardo Nesi [Nesi, Edoardo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: La nave di Teseo
pubblicato: 2023-10-14T22:00:00+00:00


Atlantic City

Poi a Vittorio gli prese un momentaccio. Lui che era sempre stato il primo di noi era rimasto indietro, e gli bruciava. S’andava tutti forte fuorché lui. Carlo s’era fatto aprire un negozio di articoli sportivi, aveva preso i piumini della Moncler e non riparava a venderli, Marty s’era laureato e studiava da notaio mentre faceva pratica nello studio del suo babbo, e a me avevano appena comprato la Porsche.

– Sei proprio diventato un ambizioso, complimenti...

– Come se codesta fosse un’offesa...

– Ma vaffanculo, Fede.

Era sempre nervoso, ci diceva che s’era diventati dei borghesi di merda che si accontentavano del tozzo di pane che i nostri padri ci buttavano come ai cani. Usciva tutte le sere, anche senza di noi. Beveva, faceva a cazzotti quasi sempre toccandone, perdeva un lavoro di merda dopo l’altro, litigava in casa. Aveva i capelli a covone di paglia, era tutto trasandato, sembrava Matt Johnson quando diventa un barbone in Un mercoledì da leoni. Gli mancava solo di mettersi a fare il torero con le macchine in Via Machiavelli.

– Vieni a lavorare da me, ti metto in magazzino.

– Così poi diventi il mio padrone, eh? Il tuo vecchio sogno di comandarmi a bacchetta... Vittorio, fai così, Vittorio fai cosà, vai qui, vai lì, vai su, vai giù, piglia le pezze, porta le pezze... Col cazzo che ci vengo, nella tua fabbrica di merda! Anzi io me ne vo via da questa città di merda!

– Ma che dici, questo è il paradiso...

– Cazzo dici, imbecille...

– No, l’imbecille sei te che non vedi le cose... L’orgoglio negli occhi d’un operaio che va a comprare l’A112 per la sua moglie l’hai mai visto, te? È quello, il sogno, quello il progresso... Son gli operai, i custodi del sogno...

– Vai a fare in culo, Fede, sai una sega te degli operai...

Non mi offendevo perché in effetti da fuori era difficile capirle, quelle cose, bisognava vederle di persona, però ero molto preoccupato perché lo vedevo che tutti i giorni diventava più chiuso e più rabbioso, e allora quando mi accorsi che a forza di microleticate si stava per rovinare l’amicizia, gli feci una proposta.

Un viaggio.

Io e lui soli, testa a testa.

In America.

Pagavo tutto io.

Sulle prime mi chiamò riccastro e padrone delle ferriere e servo di Mammona, poi disse che non era un pezzente e qualcosa – il volo, una cena importante – l’avrebbe pagato lui, oppure non avrebbe mai accettato di venire. Ebbe da ridire anche sul fatto che non si fosse liberi di partire quando ci pareva e che si dovesse aspettare il 1° d’agosto, quando i cancelli di Alcatraz finalmente si schiuderanno e tu sarai sciolto dalle catene, ma alla fine si partì e fu il viaggio dei viaggi, l’ultimo prima di diventare grandi davvero, e anche se a dirlo così pare una di quelle cazzate dei film italiani, fu veramente, ma veramente ganzo.

Per sfidare i fantasmi avevo prenotato i soliti voli di qualche anno prima – Milano-New York e poi New York-Miami – e però fu



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