La nuova me by Halle Butler

La nuova me by Halle Butler

autore:Halle Butler
La lingua: ita
Format: epub
editore: Neri Pozza


17.

Mi sento benone!

Il petto si contrae e lo stomaco affonda di colpo, come a dire: «Sei sicura?» Ma io sono sicura. Oggi prenderò delle decisioni, non c’è dubbio! Oggi non penserò a certe cose, non c’è dubbio!

Osservo la mia faccia nello specchio del bagno, smunta e grigiastra, i denti ormai ingialliti tra le fessure, la gengiva un po’ ritratta sotto agli incisivi inferiori, le labbra screpolate e di un colore innaturale, i pori cosí evidenti da poterli contare uno per uno sulla fronte, che è spaccata da una profonda ruga che inizia tra le sopracciglia – ancora mascoline nella forma, ma non piú folte – e si perde a metà strada verso il cuoio capelluto. Neanche bruttina, come faccia, se vista dai miei ricordi o forse da lontano (anche se, quando la vedo riflessa nelle vetrine, gli occhi mi paiono quanto mai piccoli e cattivi e la mascella severa). Pazienza, non mi faccio piú distrarre da queste faccende. Copro lo specchio con una federa, attaccandola con lo scotch da imballaggio avanzato dai tempi in cui ne avevo bisogno, quando traslocavo e spedivo pacchi. Nell’angolo della federa c’è un deposito spesso e bianchiccio: detersivo da bucato. Mi balena in mente un ricordo della fine delle medie, Megan Lambert, alta e bellissima, che rideva e arrossiva dicendo di avere il golfino macchiato di detersivo, non di sperma, ah ah, che battuta. Adesso sono come lei, rido, ah ah.

Porto in camera un sacco dell’immondizia e passo in rassegna i vestiti: troppo piccolo, bucato, fuori moda, troppo sfacciato, troppo malandato. Il sacco si riempie, lo metto in corridoio fuori dall’appartamento, ne prendo un altro e torno in camera.

Butto via un paio di mocassini marroni con le suole bucate, quasi completamente coperte di cristalli di sale rimasto attaccato dai marciapiedi – le scarpe invernali dell’anno scorso. Ho ancora le scarpe da corsa campestre delle superiori, hanno quindici anni ma sono poco consumate. Le tengo in mano e chiudo gli occhi, visualizzandone l’importanza in termini di uso e di piacere. Finiscono nel sacco anche loro.

Getto via un paio di mutande macchiate e penso che mi comprerò un pigiama morbido e invitante: è il genere di cose che mi piace adesso. Un quarto sacco pieno di vestiti finisce in corridoio; lo porterò giú domattina, quando sarò piú riposata.

Trovo una scatola, taglio una lunga striscia di scotch da imballaggio e affronto il soggiorno. Non ci sto praticamente mai, ma inizierò a farlo quando avrò smesso di bere e di fumare e comincerò a leggere e magari prenderò un gatto.

Mi imbatto in dei giocattolini, una donna che guida due ciliegie come se fossero sci d’acqua, trovata in un ovetto Kinder, un piccolo diamante di plastica azzurra, dei denti finti, un busto di Lincoln, un biscotto ballerino dal volto umano, una ranocchietta di ceramica. Mi chiedo perché mai abbia in casa questi oggetti, perché debba occuparmene io. Cerco di immaginare qualcuno a cui possa fregare qualcosa di questa roba e non ci riesco.

Alla parete è appeso un poster del Paradiso



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