Andare per fortezze e cittadelle by Paola Bianchi;
autore:Paola, Bianchi; [Bianchi, Paola ]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Storia, Ritrovare l'Italia
ISBN: 9788815353320
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2019-08-15T00:00:00+00:00
Contro i pirati: Trapani, Ustica, Villasimius
Dal Cinquecento Malta era stata, dunque, trasformata da isola povera e spopolata in un importante avamposto nelle acque del Mediterraneo, conoscendo una crescita tumultuosa tipica dei territori di frontiera. Nella vicina Sicilia (utilizzata anche dai cavalieri di Malta come indispensabile retrovia logistica) le vicende storiche avevano prodotto fin dallâantichità un incrocio strategico di civiltà . La ricchezza dellâisola, oltre alla sua posizione, era stata un punto di forza, ma anche motivo di continue aggressioni. I piani difensivi che interessarono gli stati italiani fra Quattro e Cinquecento, perciò, non la risparmiarono; furono, anzi, forse più significativi in territori come questo, che appartenevano a regni estesi ed esposti più di altri.
Non a caso, nel Cinquecento i viceré consegnarono diverse relazioni sullo stato generale delle architetture militari. La Sicilia era stata sotto osservazione già durante il governo del primo viceré di Carlo V dâAsburgo, il napoletano Ettore Pignatelli duca di Monteleone (1518-1535), che promosse la fortificazione delle maggiori città costiere: Palermo, Trapani, Milazzo, Siracusa e Messina, affidandone lâincarico allâingegnere padovano Piero Antonio Tomasello, col quale collaborò anche Antonio Ferramolino, lo stesso ingegnere che compì ispezioni a Malta. Il viceré successivo, Ferrante Gonzaga (1536-1546), guardando agli esempi adottati a Mantova, proseguì il piano di difesa ottenendo cospicui finanziamenti per far fronte alla minaccia dâinvasione ottomana. Ispezionò più centri, predisponendo gli interventi necessari e lasciando al successore, Juan de Vega (1547-1557), lâaggiornamento delle strutture lungo le coste, nei porti e nelle principali città : ancora Trapani e poi Milazzo, Siracusa, Palermo, Messina, Augusta. «I corsari fanno grandi danni in questâisola nelle molteplici regioni costiere dove mancano le torri»: così scriveva il viceré Marcantonio Colonna al re di Spagna Filippo II nel 1578.
Un impulso alla realizzazione di una fitta serie di torri venne lâanno dopo, nel 1579, quando il Parlamento siciliano, lâassemblea di rappresentanza dei ceti dirigenti insulari, dietro sollecitazione del viceré Colonna (1577-1583), uno dei protagonisti della gloriosa battaglia di Lepanto contro i turchi, stabilì il riadattamento e lâedificazione di fortificazioni. Rispetto a Napoli, cui la Sicilia era legata sotto la corona spagnola, sullâisola lâesecuzione dei piani difensivi era stata demandata a una Deputazione del Regno, cui spettava, secondo una tradizionale autonomia, di emanare provvedimenti mirati. Quei provvedimenti si susseguirono ben oltre la fine del Cinquecento, arenandosi nellâinfinito intreccio fra ordinanze regie e ingerenze di privati, fra «torri di Deputazione» e «torri di particolari», disseminate lungo le coste sul litorale palermitano e su quelli vicini, da un lato verso Messina, dallâaltro verso Trapani. La fatiscenza delle strutture difensive e soprattutto la difficoltà di collegamento fra le varie postazioni erano destinate a contraddistinguere la rete fortificata siciliana per tutto il Seicento, ancora minacciato dalle scorrerie turco-barbaresche, tanto da spingere poi i Savoia, nei pochi anni di dominio siciliano (1713-1720), e soprattutto gli Asburgo (1720-1734) allâabbandono della catena di molti castelli e torri voluti dagli spagnoli.
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