Cancellare le tracce by Pierluigi Battista

Cancellare le tracce by Pierluigi Battista

autore:Pierluigi Battista [Battista, Pierluigi]
La lingua: ita
Format: epub
editore: RIZZOLI LIBRI
pubblicato: 2011-02-14T23:00:00+00:00


17. «Palestre di antifascismo»

Ma quante oasi di libertà potevano fiorire nel deserto pietrificato della tirannia mussoliniana? Quante «zone franche»? Quante «fronde», quanti «vivai», quanti «rifugi» antifascisti? L’oasi di libertà dell’Enciclopedia italiana e quella della Normale di Pisa (garante Giovanni Gentile). L’oasi di libertà delle riviste giovanili e dei premi artistici (Bottai artefice). L’oasi di libertà dei Guf e dei Littoriali. L’oasi di libertà del Gabinetto Vieusseux (dal 1929 al 1938 guidato dall’indipendente Eugenio Montale). L’oasi di libertà dell’entourage crociano. Ben prima degli storici e dei politologi che ne hanno fissato i contorni concettuali, Carlo Muscetta aveva coniato la categoria del «totalitarismo imperfetto». Ma con quella proliferazione di oasi, il totalitarismo fascista non risulta un po’ troppo imperfetto? Chi ha cancellato le tracce della «prima» vita, quella ancora non toccata dalla grazia della redenzione, ha fatalmente contribuito a una raffigurazione del fascismo opposta a quella desiderata. Con tutti quei ripari e quelle nicchie nascoste, la dittatura appare infatti blanda e tollerante, duttile e bonaria, comprensiva con i giovani impazienti, indulgente con l’eresia, capace di digerire tutto: professionisti «afascisti» ai vertici delle istituzioni culturali, giovani come Zangrandi che giocavano nel parco di Villa Torlonia con i figli del Duce frequentando nel contempo la tentazione della clandestinità, docenti irrequieti nelle cattedre più prestigiose, cineasti in odore di dissenso beneficiati con sovvenzioni e incarichi preso l’Eiar, l’Istituto Luce, Cinecittà, artisti «mormoratori» premiati dalla munificenza di Stato della Triennale di Milano o della Quadriennale di Roma, scrittori e giornalisti adusi alle astuzie dell’inchiostro simpatico.

Anche per questo una storiografia più agguerrita ha contribuito in questi ultimi anni a smontare la leggenda di un frondismo troppo diffuso e dilagante. Luca La Rovere ha eccepito sul carattere di «palestra di antifascismo» assegnata post festum ai Littoriali da chi ne ha preso parte, riconducendoli piuttosto al progetto del partito di «formare una seconda generazione integralmente fascista». Gabriele Turi ha indicato nell’Enciclopedia e nella politica culturale di Giovanni Gentile uno dei pilastri dello «Stato educatore» di stampo fascista. Michele Sarfatti ha ridimensionato il postulato innocentista delle riviste bottaiane come fertile «vivaio» di giovane antifascismo in formazione, bollandole anzi come «programmaticamente e totalitariamente ariane e antisemite». La strategia autoassolutoria rischia infatti di ritorcersi contro il «paradigma antifascista» elaborato nel dopoguerra democratico e custodito gelosamente dai sacerdoti dell’ortodossia. Un boomerang politico e culturale che di quel «paradigma» svela inesorabilmente la fragilità e il carattere mitologico, effetto indesiderato della scelta collettiva adottata collettivamente dai tanti Günter Grass italiani di non parlare il linguaggio della verità, di rifugiarsi in una memoria ritoccata e inautentica, di non fare seriamente i conti con il passato.

La strategia dell’occultamento si dimostra vulnerabile, continuamente esposta ai rischi della smentita. Perciò ogni rivisitazione delle biografie dei «redenti» viene accolta ogni volta dai cori dello scandalo e dell’indignazione. Parte con sistematica veemenza e con regolarità cronometrica la denuncia della sempre vituperata «strumentalizzazione politica», variante rozza e intimidatoria della cultura del sospetto, ma anche la delegittimazione di chi viene accusato di frugare negli archivi e nei cassetti per infangare le figure illustri



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