Castel del Monte by Franco Cardini

Castel del Monte by Franco Cardini

autore:Franco, Cardini [Cardini, Franco]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Storia, Storica paperbacks
ISBN: 9788815328748
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2016-09-14T22:00:00+00:00


Capitolo quarto

Il sigillo dell’impero

L’ottagono è forma imperiale nella misura in cui è forma cristica. Il numero della Resurrezione richiama all’Augusto, dotato in quanto uomo di un corpo mortale, votato a Dio in quanto cristiano battezzato a risorgere nel Signore e – come sovrano – detentore di un corpo mistico immortale che lo rende una volta di più simile al Cristo. Di questa cristomimesi Castel del Monte è documento e monumento, pegno e testimonianza. Lex animata in petris.

L’ottagono «firma», quasi onnipresente, l’architettura federiciana. È una sigla, una sorta di monogramma imperiale. Lo troviamo già implicito nelle volte delle torri di Castel Ursino di Catania, mentre tanto là quanto a Castel Maniace di Siracusa e a Castel del Monte i «piantoni» delle scale a chiocciola sono costituiti da prismi ottagonali e il giro delle scale è di sedici gradini, multiplo di otto. Nel castello di Lucera – completamente raso al suolo nel 1790 –, stando a quel che ce ne hanno tramandato le riproduzioni del pittore francese Jean L. Desprez che ne visitò le ancor imponenti rovine una dozzina di anni prima, il cortile centrale quadrato era corredato in alto da pennacchi, in modo che la luce superiore di esso risultasse ottagonale come in quello più tardi realizzato a Castel del Monte.

Prismi ottagonali su basi poligonali a sedici lati sono, ancora, i basamenti delle due torri cilindriche che inquadravano il portone trionfale d’ingresso al ponte sul Volturno che immetteva nella città di Capua. L’intero edificio, un vero e proprio arco di trionfo fortificato al quale si sarebbero ispirati più tardi numerosi artisti – fra i quali il Laurana per l’ingresso trionfale del napoletano Castel Nuovo –, è purtroppo ormai rovinato in seguito alla sciagurata azione combinata degli agenti atmosferici e di una quantità di atti vandalici: non ultimi quelli perpetrati dalle truppe del Bonaparte.

D’altronde, il vandalismo delle armate «giacobine» si spiega: il loro era un lavoro ideologico, che proseguiva quello a causa del quale sono andati perduti numerosi tesori dell’arte cristiana in Francia (dove però distruzioni simili – perpetrate dagli ugonotti – avevano già accompagnato le «guerre di religione»). La Porta di Capua dovette presentarsi ai portatori della Libertà e della Ragione come un simbolo della Tirannia e del Fanatismo. Essa segnava difatti solennemente l’ingresso nel territorio del regno di Sicilia: Federico II ne aveva fatto ornar la facciata – ispirata forse nella struttura generale al modello siriaco del portale fiancheggiato da torri semicilindriche, il quale aveva peraltro illustri precedenti romani come si vede a Treviri, a Besançon, a Torino, a Spello e altrove – con una sua grande statua assisa: la posizione del giudice, la medesima del Cristo in Maestà nelle scene di Giudizio Universale tanto spesso scolpite sui timpani d’ingresso delle cattedrali e composte in mosaico nelle absidi. Al di sotto dell’effigie imperiale, una colossale testa femminile – la Legge? La Giustizia? – era fiancheggiata da due teste maschili più piccole, ritratti o rappresentazioni simboliche, probabilmente, di giudici. Le tre immagini erano collocate in nicchie attorno alle quali correvano delle



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