Di chi sono le case vuote? by Ettore Sottass

Di chi sono le case vuote? by Ettore Sottass

autore:Ettore Sottass [Sottass, Ettore]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Adelphi
pubblicato: 2021-11-17T23:00:00+00:00


Con le cucine è un’altra cosa, tutt’altra cosa. Quando sono invitato a cena dai miei amici o nelle case dei signori o anche nei ristoranti, appena posso, quando posso, se posso, vado a vedere come è fatta la cucina.

Non vado a vedere la cucina per pettegolezzo o per provocarmi visioni un po’ comiche o un po’ tristi (perché le stanze da bagno delle case sono sempre un po’ comiche ma anche un po’ tristi con il gabinetto e il bidet in un angolo), vado a vedere le cucine perché le cucine me le immagino come quei corridoi e quei luoghi dietro al palcoscenico, dove si prepara con calma, con paura, con allegria (qualche volta), con presunzione, con suspence, lo spettacolo; lo spettacolo che deve essere sempre meraviglioso, lo spettacolo che sempre deve rifare qualche pezzo della vita, forse tutta la vita, lo spettacolo con le sue belle luci, con le sue belle parole, con le sue belle canzoni, con i bei gesti, con la sua strana magia che si spande nell’aria lontana, astratta, polverosa di quel cubo vuoto che è la scena.

Io vedo la cucina come quel luogo, un po’ misterioso, dove in realtà si preparano gli ingredienti per una specie di sacra rappresentazione, per un rituale che si ripete ogni giorno e che riguarda la continuazione e insieme il consumo dell’esistenza, che riguarda la continua rinascita dell’esistenza e insieme la continua conferma della sua precarietà, provvisorietà.

Voglio dire che sedersi a tavola per mangiare, anzi, voglio dire che mettersi a mangiare, voglio dire che «poter mangiare», anche seduti per terra, anche seduti sulla panca della stazione dei treni, anche seduti nell’auto lungo l’autostrada, con il cibo consegnato attraverso il finestrino, anche nelle situazioni più balorde, è sempre una specie di miracolo, è sempre un breve o lungo evento che coinvolge noi e le nostre storie e le storie della gente intorno a noi, tutti abbandonati alla nostra fragilità solitaria e alla nostra fragilità sul pianeta, abbandonati in mezzo ad altri animali, nel cielo, sulla terra e sott’acqua, in mezzo a erbe, foglie, verdure, funghi, licheni e muschi, in mezzo a durezze, a mollezze, in mezzo a carni, intestini, mucose, gelatine, sangue, sali, zuccheri, droghe, sapori, odori, profumi, acidità... Penso sempre che la cucina sia il luogo dove questa infinita Enciclopedia di sostanze, di stati planetari si raccoglie, si raduna e poi si mette insieme, si organizza, si cataloga, si proporziona, prende forma, prende qualche senso riconoscibile, si trasforma in qualche cosa di usabile per disegnare poi quel rituale che è il rituale quotidiano del mangiare.

Perciò appena posso vado a vedere la cucina per vedere che cosa succede, per scoprire il segreto dello spettacolo che avverrà; lo faccio come si va a trovare il pittore nel suo studio, come si legge la sua biografia, come si scrutano i suoi disegnini, i suoi appunti, per carpire – come si dice – la sua arte.

Si cerca sempre – se possibile – di sbirciare nelle zone dove la vita, gli eventi cominciano a diventare



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