Europa e Islam: Storia di un malinteso (Italian Edition) by Franco Cardini

Europa e Islam: Storia di un malinteso (Italian Edition) by Franco Cardini

autore:Franco Cardini [Cardini, Franco]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Economica Laterza
ISBN: 9788858122419
editore: Editori Laterza
pubblicato: 2015-09-01T07:00:00+00:00


8. «Inimicus crucis,

inimicus Europae».

La minaccia ottomana

Alla caccia del Rosso Pomo

Anche gli ottomani avevano i loro sogni, le loro profezie. I popoli sono sempre antichi, hanno sempre un passato profondo. In quelli uraloaltaici, due archetipi mitici si confrontano in uno stretto dialogo: la grande belva primigenia, il Lupo; e l’oggetto primordiale del desiderio e della felicità, il Pomo.

Ricorre, nelle fiabe turcomongole, l’immagine della leggendaria città di Kizil-Alma, il «Rosso Pomo». Nei secoli, i nomadi dell’Asia centrale l’hanno vista scintillare nel turbinar delle tempeste di sabbia e nelle folate ghiacce di vento innevato, tra il Caspio, il Gobi e il Tien Shan: la città del Rosso Pomo, interpretato (e volgarizzato) come un’immensa cupola d’oro; per i discendenti di Othman e la loro gente, Santa Sofia di Costantinopoli, poi la Cupola della Roccia di Gerusalemme, poi ancora lungo l’arco dei secoli Buda, e ancora Vienna sfiorata due volte tra Cinque e Seicento, e nell’ebbrezza delle vittorie addirittura Roma... Ancor oggi, in omaggio alle antiche leggende e alle antiche speranze, la capitale del Kazakhstan è Alma Ata, «il Padre Pomo».

Inseguendo il sogno del Rosso Pomo, la gente della steppa era giunta fin sotto le mura della Nuova Roma: e ormai era chiaro che suo desiderio era cogliere la mela d’oro risplendente sulle acque brumose del Bosforo.

Nel 1421 il nuovo duca di Borgogna Filippo il Buono, figlio di Giovanni Senza Paura, aveva ripreso i sogni d’Oriente dell’avo e del padre: il suo fido Ghillebert de Lannoy fu spedito nelle regioni di Levante per studiare le possibilità concrete d’organizzazione d’una nuova crociata, ora che lo scisma d’Occidente era composto e che, dopo Azincourt, anche la questione franco-inglese pareva chiusa; nel 1433 il duca inviò poi un altro emissario locale, Bertrandon de la Brocquière. Ma i due sagaci osservatori non poterono concludere se non la stessa cosa: i turchi erano un popolo forte, disciplinato, difficile da battere.

Filippo, in quel momento impegnato contro l’imperatore Sigismondo che sembrava volergli ostacolare la via dell’espansione verso Brabante, Limburgo e Lussemburgo, aveva bisogno di qualcosa che accrescesse il suo prestigio e lo ponesse moralmente al di sopra degli altri dinasti della Cristianità: dell’ormai languente basileus di Costantinopoli, del sonnolento imperatore romano-germanico, dell’alleato re di Francia e d’Inghilterra troppo occupato a tenere insieme i suoi dominî al di qua della Manica. Di altri – dell’indeciso delfino e poi re di Francia Carlo VII, o dei re iberici – il «granduca d’Occidente» non si curava. La crociata gli avrebbe conferito il prestigio che cercava: egli ne sarebbe stato la guida unica con l’appoggio della corte pontificia, si sarebbe proposto come quel bellator rex su cui inutilmente i teorici discettavano da più di un secolo e mezzo.

Dal canto suo, il basileus Giovanni VIII si rendeva conto che si stava ormai approssimando, per il suo impero ridotto a poco più della splendida capitale, la stretta definitiva. Nel 1437 egli intraprese un viaggio in Europa per chieder soccorso ai capi della Chiesa latina riuniti di nuovo in concilio, stavolta a Basilea. Sapeva fin troppo bene quale prezzo



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