Hiroshima by John Hersey

Hiroshima by John Hersey

autore:John Hersey [John Hersey]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: John Hersey, Storia, Seconda Guerra Mondiale, Giappone, Gingko edizioni, Guerra, Bomba atomica, Hiroshima, Nagasaki, Giornalismo, Reportage, Era atomica, USA, Premio Pulitzer
editore: Gingko edizioni
pubblicato: 2015-03-24T16:00:00+00:00


Il dottor Fujii giacque l’intera notte prostrato da un dolore terribile, steso sul pavimento della casa senza tetto della sua famiglia, ai margini della città. Alla luce di una lanterna, aveva esaminato se stesso e trovato la clavicola sinistra fratturata; numerose abrasioni e lacerazioni sul viso e sul corpo, tra cui profondi tagli su mento, schiena e gambe; ampie contusioni su petto e tronco; un paio di costole probabilmente fratturate. Se non fosse stato così malridotto, avrebbe potuto trovarsi a Parco Asano ad assistere i feriti.

Al calar della notte, diecimila vittime dell’esplosione avevano invaso l’Ospedale della Croce Rossa, e il dottor Sasaki, sfinito, si muoveva senza requie e ottusamente su e giù per i corridoi puzzolenti, con mazzette di bendaggi e bottiglie di mercurocromo, con ancora indosso gli occhiali che aveva preso dall’infermiera ferita, fasciando i peggiori tagli che gli venivano a tiro. Altri medici stavano applicando impacchi di soluzione salina sulle ustioni gravi. Questo era tutto ciò che potevano fare. Dopo il tramonto, essi lavorarono alla luce dei fuochi della città e grazie alle candele che i dieci infermieri restanti tenevano per loro.

Il dottor Sasaki non aveva guardato fuori dall’ospedale per tutto il giorno; la scena all’interno era così terribile, e così incredibile il fatto che lui ne fosse scampato, che egli non si era posto alcuna domanda su quanto fosse accaduto al di là delle finestre e delle porte. Soffitti e pareti caduti; gesso, polvere, sangue,vomito ovunque. I pazienti morivano a centinaia, ma non c’era nessuno a portar via i cadaveri.

Alcuni membri dello staff ospedaliero distribuivano biscotti e palle di riso, ma l’odore di quell’ossario era così forte che pochi avevano appetito. Alle tre del mattino seguente, dopo diciannove ore filate di lavoro raccapricciante, il dottor Sasaki era incapace di trattare anche solo un’altra ferita. Lui e alcuni sopravvissuti del personale si procurarono delle stuoie di paglia e andarono all’aperto — migliaia di pazienti e centinaia di morti si trovavano nel cortile e sul vialetto d’accesso — e corsero attorno al perimetro dell’ospedale nascondendosi a dormire sul retro, nel tentativo di strappare qualche ora di sonno. Ma nel giro di un’ora i feriti li trovarono; un cerchio lamentoso si formò intorno a loro.

« Dottori! Aiutateci! Come potete dormire? ».

Il dottor Sasaki si alzò di nuovo e tornò al lavoro. All’inizio della giornata, pensò, per la prima volta, a sua madre nella loro casa a Mukaihara, a circa cinquanta chilometri dalla città. Di solito, andava a casa ogni sera. Ora aveva paura che lei pensasse che fosse morto.



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