Faccetta nera. L'illusione coloniale italiana by Arrigo Petacco
autore:Arrigo Petacco [Petacco, Arrigo]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788852074998
editore: © 2018, DeA Planeta Libri S.r.L.
pubblicato: 2020-04-06T22:00:00+00:00
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«Armiamoci e partiamo»
Alla campagna d’Abissinia prese parte volontariamente la «crema» del fascismo militante. Smentendo il luogo comune dell’«armiamoci e partite», con il quale si ironizzava sul falso entusiasmo manifestato dai gerarchi del regime in occasione di qualche impresa bellica, questa volta molti partirono per davvero. Alcuni con la camicia nera e i gradi guadagnati facilmente nella Milizia, altri con le «stellette» dell’esercito regolare, rassegnandosi addirittura a riprendere, com’era prescritto dal regolamento, i gradi ricoperti durante il servizio militare. Alessandro Pavolini, Roberto Farinacci ed Ettore Muti che, grazie alle benemerenze politiche, ricoprivano il grado di console, equivalente più o meno a quello di colonnello, pur di entrare nella Regia aeronautica si accontentarono di quello di tenente. Un’eccezione fu fatta per Galeazzo Ciano che neppure aveva adempiuto al servizio militare di leva: al genero di Mussolini venne infatti assegnato il grado di capitano e il comando di una squadriglia aerea da lui ribattezzata La Disperata. Erano volontari anche i figli del Duce, Vittorio e Bruno, e il nipote Vito, figlio di suo fratello Arnaldo. Delle «gesta eroiche» dei due figli di Mussolini, nonché del genero Galeazzo, inutile dire che i giornali, esagerando come di consueto, parlarono sovente e con insopportabile piaggeria. Ma fra i numerosi «riconoscimenti» da essi raccolti in patria ve n’è uno che spicca per la sua sconcertante singolarità. Si tratta di un brano in latino scritto dal professore Francesco Stanco per un volumetto di versioni a uso scolastico: «Digni qui laudentur sunt Bruno et Victorius Ducis filii, qui cum administro G. Ciano audacter hostium propugnacula demoliti sunt, dum plumbeis glandibus ferreisque globis excipiuntur» (Sono degni di lode i figli del Duce Bruno e Vittorio che con il ministro G. Ciano audacemente distrussero le fortificazioni nemiche mentre venivano bersagliati con pallottole di fucile e proiettili di cannone).
Ciano si era portato al seguito, come suo aedo personale, anche il futuro ministro della Cultura popolare Alessandro Pavolini che provvedeva a illustrare sul “Corriere della Sera” le «storiche» imprese del suo capo con brani di questo genere:
Ciano non amava le ricognizioni: ogni decollo senza bombe lo metteva di cattivo umore. Ogni volta che invece gli era dato di lasciare i comandi a Casero e di stendersi sul fondo dell’aereo a regolare la grandine degli spezzoni tirandomi per una gamba, o a sbizzarrirsi di mitragliatrice o di carabina, in lui brillavano polso, occhio e brio.
Fra gli altri gerarchi che parteciparono all’impresa africana, figuravano il segretario del partito Achille Starace, che organizzerà una sua personale «marcia su Gondar» dedicando addirittura un libro a questa impresa; il governatore di Roma e futuro ministro dell’Educazione nazionale Giuseppe Bottai, che era di diritto colonnello e fu aggregato alla divisione Sila; il generale Attilio Teruzzi, che comandava la divisione camicie nere 1° Febbraio; Carlo Scorza, il luogotenente generale della Milizia Augusto Agostini, e i consoli Renzo Montagna, Filippo Diamanti, Vittorio Vernè, Piero Parini, nonché Asvero Gravelli, Gino Pallotta, Auro D’Alba, Aldo Resega, Gherardo Casini, Nino Dolfin, Carlo Emanuele Basile, Biagio Pace, Enzo Galbiati, Niccolò Giani. Si erano arruolati volontari
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