Alle origini dell'opera d'arte contemporanea by Giuseppe Di Giacomo & Claudio Zambianchi

Alle origini dell'opera d'arte contemporanea by Giuseppe Di Giacomo & Claudio Zambianchi

autore:Giuseppe Di Giacomo & Claudio Zambianchi [Di Giacomo, Giuseppe]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Biblioteca di Cultura Moderna
ISBN: 9788858134641
editore: Editori Laterza
pubblicato: 2018-09-26T22:00:00+00:00


Non arte ma azione

Nel 1931 il famoso critico d’arte Thomas Craven pubblicò un volume di biografie di artisti intitolato Men of Art, un titolo onorifico che intendeva evocare l’espressione «uomini d’azione». Una generazione più tardi Harold Rosenberg americanizzava l’estetica dell’espressionismo astratto in modo più sofisticato, ma non del tutto dissimile. Il suo famoso articolo The American Action Painters13 era ancora una volta rivolto a liberare gli artisti dall’ignominia dell’arte. «A un certo momento – scriveva – la tela iniziò ad apparire, a un pittore americano dopo l’altro, come un’arena nella quale agire. Ciò che andava sulla tela non era un’immagine, ma un evento». E: «Il pittore non si preoccupava più di produrre un certo tipo di oggetto (l’opera d’arte), ma di vivere sulla tela».

È importante ricordare che queste affermazioni non sono mai state vere. Kline e de Kooning hanno realizzato i loro quadri in modo meditato, li hanno elaborati e rielaborati affinché apparissero «spontanei» e si sono preoccupati di produrre arte come qualsiasi altro buon pittore. Quanto al «vivere sulla tela», è un modo di dire applicabile a tutta l’arte vera, o a nessuna: Michelangelo diceva che il suo sangue scorreva nelle sue opere. Il vecchio Tiziano, ci viene riferito, aggrediva la tela in via di elaborazione come se fosse un suo nemico mortale. E James Joyce ha parlato per tutti quando, nel ricevere la prima copia stampata dell’Ulisse, ha soppesato il tomo nella mano e ha detto: «Hoc est corpus meum». Ma questi sono esempi storici, e stravolgere il passato è parte del gioco. Ogni generazione si spoglia di quella conoscenza della storia che interferisce con il suo senso di una nuova ripartenza.

Presa letteralmente, come affermazione fattuale, la speciale affermazione di Rosenberg riguardo alla Scuola di New York era sbagliata. Ma era e resta importante per il richiamo esercitato sugli artisti coinvolti. Faceva ancora una volta appello al disdegno americano nei riguardi di un’arte concepita come qualcosa di troppo calcolato, troppo «cosmetico», troppo francese. Negli anni Cinquanta, sulla 10a strada di New York il problema era come essere pittori senza smettere di essere americani. E se l’articolo di Rosenberg non riusciva ad avere senso logico, giudicato secondo altri criteri faceva anche di più: faceva storia. È riuscito nell’impresa di armare una generazione di artisti americani con un vocabolario che esprimeva rispetto per se stessi. «Il pittore – scriveva in quell’articolo – si allontana dall’arte attraverso l’atto del dipingere». Esattamente quello di cui c’era bisogno. Via dall’arte e dentro la gloria dell’attivismo, dove un uomo che fa un quadro agisce in un’arena, entra in lotta e crea eventi.

L’arte americana a partire dalla seconda guerra mondiale è impensabile senza questo impulso liberatorio verso qualcosa di diverso dall’arte. Ed esso persiste. «Allontanarsi dall’Arte» non solo assicura i singoli artisti che il loro lavoro vale la pena di essere fatto, ma è anche la condizione di un mutamento vitale. Vi sono stati artisti in passato tentati di abbandonare la loro arte per qualcosa che promettesse un maggior grado di



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